mercoledì 15 settembre 2010

La crisi della musica live e la regionalizzazione delle bands

La crisi della cultura in Italia colpisce duramente i musicisti con un repertorio originale e, dopo la scomparsa del cachet, a rischio anche il rimborso spese.

Nei primi anni ’90, poco prima dell’esordio su un palco con la mia prima band musicale, il mio insegnante di chitarra disse perentoriamente: “Fatevi pagare! Ricordati che la vostra è una prestazione professionale ed è giusto che venga retribuita”. Così facemmo e comunque non mi ricordo di un locale che si sia rifiutato di pagarci, sebbene proponessimo un repertorio proprio e qualche cover di musica alternativa. Le cose, oggi, sono drasticamente e tristemente cambiate. Risale all’inizio del nuovo millennio la crisi della musica, quando le Major, dopo anni di speculazioni sul prezzo dei cd, si sono “ristrutturate”, hanno tagliato i fondi, licenziato i dipendenti e bruciato un’infinità di talenti musicali. Le piccole etichette indipendenti, che hanno resistito stoicamente per alcuni anni, hanno dovuto gettare la spugna e liquidare le loro piccole imprese. Ora i giovani non comprano più i dischi, ma scaricano da internet intere discografie in mp3. Paradossalmente, a fronte di tale straordinaria abbondanza di materiale, la musica non si ascolta più: l’Italia è in piena recessione culturale e i passatempi sono diventati altri e futili, in linea con il “vuoto” imperante. Conseguenza di questa situazione è la crisi della musica live.
Le bands nascono come funghi, ma gli spazi per suonare non ci sono. A soffrirne maggiormente sono quei gruppi che propongono un repertorio proprio, per i quali l’essere autori dei brani, cosa veramente assai pregevole, è diventato un pesante fardello che sbarra loro le porte dei locali. Locali nei quali impazzano le cover bands o, peggio, le tribute bands, ossia gruppi che propongono il repertorio di una sola band famosa (ad esempio Queen, U2, Vasco Rossi, The Cure, ecc…), che, ironia della sorte, riescono sempre a riempire il locale ed a portare a casa un buon cachet grazie alla creatività di altri. A fronte di un eccesso di offerta, cioè molti gruppi e pochi locali, questi ultimi hanno ridotto i compensi ai minimi storici, che vanno dal nulla al poco più di nulla. Nel giro di venti anni si è passati dal cachet + rimborso spese, al solo rimborso spese, alla fine del rimborso spese! L’interesse del locale è fare il pienone di gente e solo questo giustificherebbe la concessione di un buon cachet, ma per la legge della domanda e dell’offerta di cui sopra, i compensi sono diventati comunque veramente minimi: 400 euro quando va bene, più spesso 300 o 250 euro, ma non è insolito trovare giovanissimi (e anche meno giovani) proporsi gratis per aggiudicarsi la serata.

Di questa situazione hanno avuto buon gioco i giovanissimi, quelli che hanno iniziato a fare i loro primi passi dal vivo senza troppe pretese e magari sentendosi già realizzati nell’avere un palco a disposizione, un impianto decente e il loro nome sul manifesto. Questi gruppi emergenti, che sovente suonano gratis, tagliano le gambe ai gruppi con maggiore esperienza, che hanno investito anni nell’apprendimento delle tecniche del loro strumento musicale e soldi in strumenti ed attrezzature, soldi che ora non riescono più ad ammortizzare con i miseri cachet, che spesso la loro dignità impedisce di accettare.
Le conseguenze di questo stato di cose sono nefaste: i gruppi di giovanissimi, dopo aver rubato la scena, si sciolgono perché cambiano velocemente i loro interessi e le loro passioni e perché sanno che, anche migliorandosi nella tecnica e nell’attrezzatura, non migliorerebbero la loro situazione economica. Sbattersi per 200 euro a serata? Meglio andare in discoteca a corteggiare qualche bella ragazza. Nel frattempo le bands meno giovani e più tecnicamente preparate si sono sciolte, hanno preferito fare harakiri piuttosto che umiliarsi a salire sui palchi per cachet ridicoli. Anni di studio e di sbattimento gettati alle ortiche. Alcuni di loro si riciclano come fonici (più o meno capaci, spesso “meno”) che si rifanno sui gruppi emergenti desiderosi di registrare il primo demo, lucrando sui loro sogni di gloria prima che vadano in frantumi. Tremenda vendetta! In sintesi: tanti gruppi emergenti dalle prospettive a breve scadenza, tanti musicisti professionisti che gettano la spugna o si riciclano come fonici, nessuno investe più nello studio dello strumento, crollo della qualità della musica live.
Un altro effetto nefasto è quello che io lo chiamo “La regionalizzazione dei gruppi”: i bassi cachet, uniti al proliferare di queste bands a buon mercato, che spesso calcano assiduamente solo i palchi della loro zona, stanno limitando drasticamente lo scambio di gruppi tra regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia, con una scarsa mobilità all’interno del Paese e scarso interscambio culturale, salvo qualche eroe che parte da Palermo per suonare a Milano gratis pur di far conoscere il suo progetto musicale. I “gruppetti” suonano a rotazione in tre/quattro pub della loro zona prima di sciogliersi, senza quasi mai varcare i confini regionali. Nella scena live italiana hanno quindi buon gioco sia gli emergenti, che suonano gratis, sia i grossi artisti da stadio dai cachet strabilianti, lasciando una voragine nel mezzo, che va a replicare fedelmente l’aumento del divario sociale in un paese che ha smesso da decenni di investire in “equità” (a tutti i livelli).
Un paese dove la musica, oramai, non può essere altro che un costoso hobby.


giovedì 2 settembre 2010

NEWS – Icydawn: ecco il video di “Trends”

Primo videoclip ufficiale per l’artista svizzero.

Chi l’avrebbe mai detto che dall’album “A Personal Collection Of Demo(n)s”, cupa e claustrofobica raccolta di brani dell’artista industriale Icydawn, sarebbe scaturito un singolo di successo? Scaricatissimo e ballatissimo nei dancefloor più alternativi, ora Trends ha anche un videoclip, realizzato dal regista ticinese Daiano Lazzarotto, già in rotazione su emittenti indipendenti e web tv dal 1° settembre.


Collegamenti:
Artisti: Icydawn
Interviste: Icydawn
Recensioni: Icydawn - A Personal Collection Of Demo(n)s

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