lunedì 21 novembre 2011

Interviste: Aldo Chimenti

Rockerilla contro il “mostro digitale”.

Se non conoscete il nome Aldo Chimenti evidentemente non avete mai avuto tra le mani Rockerilla. Se non avete mai avuto tra le mani Rockerilla significa che non avete mai letto uno dei principali music magazine italiani, apparso nelle edicole più di trenta anni fa a contendersi il pubblico degli appassionati di rock con Il Mucchio Selvaggio e Ciao 2001. La rivista era nata per abbracciare le nuove tendenze provenienti da oltremanica, in particolare il punk, la new wave e tutti i generi correlati, questo ne faceva la mia rivista preferita ed è sempre rimasta nel mio cuore. Aldo Chimenti scrive su Rockerilla dal 1985 e il suo campo prediletto è appunto quello della new wave e del rock oscuro. Lo abbiamo incontrato per scambiare quattro chiacchiere su di lui e sullo stato di salute dell’editoria musicale italiana.

Come ti sei scoperto giornalista musicale? Qual è stato il tuo primo gruppo recensito e dove hai fatto pubblicare la tua prima recensione?
Prima di rispondere alla tua domanda, devo premettere che la mia presenza nel mondo del giornalismo musicale non sussiste a titolo di attività professionale, ma per pura passione. Ho cominciato ad accarezzare il sogno di collaborare ad un rivista rock nei primi anni ottanta. All’epoca venni letteralmente travolto dai moti generazionali del punk e della new wave, con particolare riguardo ai gruppi emergenti della scena inglese ed americana, seguiti a ruota dall’ondata italiana di fenomeni di rottura quali The Great Complotto/Pordenone e le avanguardie che venivano a formarsi, di focolaio in focolaio, nelle nostre città, da Torino a Milano, Bologna, Firenze, ecc. Ne ho respirato la temperie a pieni polmoni e questo deve aver fatto da molla. I miei canali d’informazione risiedevano preferibilmente nelle fanzine e nei periodici della stampa specializzata d’oltremanica come New Musical Express, Melody Maker, Sounds, The Face… Le testate nazionali da cui siamo passati un po’ tutti erano Ciao 2001, Il Mucchio Selvaggio, Buscadero, Musica ’80 e naturalmente Rockerilla. Tra le fanzine nostrane, ve n’erano alcune davvero formidabili, tra cui Amen, Free e Vinile. Peccato però che ebbero vita breve. Allora ero anche un assiduo lettore di Frigidaire. Rockerilla divenne presto l’organo d’informazione più apprezzato in ambito di musica indipendente, un osservatorio particolarmente vigile e attento sugli accadimenti e gli sviluppi del nuovo corso, a cominciare dal punk, mantenuto a pieno regime grazie ad un team di collaboratori preparati e coinvolti. Una delle rubriche che amavo di più era quella dei singoli, 45 GIRI, curata da Beppe Badino, un bollettino sempre molto atteso perché sgominava le ultime istanze dell’underground internazionale dandone puntualmente conto. Seguivo con interesse anche gli articoli di Maurizio Bianchi, che era stimolante leggere già solo per lo stile della sua incredibile penna, e Vittore Baroni, gli esperti in materia di avanguardia e gruppi d’area postindustriale. Il caso volle che la mia prima recensione apparve proprio sulle pagine della rivista di Cairo Montenotte, mi pare sul numero di Aprile 1985, il disco in oggetto era “Night Time” dei Killing Joke.

Ah! Complimenti… ma come sei arrivato a scrivere su Rockerilla?
Grazie alle mie frequentazioni nel negozio di dischi più gettonato di allora, Rock & Folk, dove ebbi l’opportunità di conoscere un noto collaboratore storico di Rockerilla che in quel negozio vi lavorava. Quando gli confidai che mi dilettavo a scrivere di musica, ma che nulla di mio era mai stato pubblicato, non solo mi incoraggiò a fare il grande passo, ma fu egli stesso a mettermi in contatto con i responsabili del giornale per decidere di una mia eventuale collaborazione. La recensione test che inviai in redazione venne accolta favorevolmente. Fu così che ebbe inizio la mia piccola avventura nel mondo dell’informazione musicale.

Rockerilla è stata da sempre la mia rivista preferita perché era nata abbracciando le nuove tendenze musicali degli anni ’80, ho ancora impresse nella mente alcune copertine storiche come quelle con Cosey Fanni Tutti, Public Image Ltd, The Cure, DAF, Echo And The Bunnymen. Cosa significa oggi per Rockerilla essere ancora all’avanguardia?
Non è facile, soprattutto oggi, dovendo fare i conti con la forza egemone di internet. Se Rockerilla tiene duro nonostante i tempi sfavorevoli, è perché c’è ancora qualcuno che crede nell’importanza dell’editoria specializzata in forma cartacea. E anche perché Rockerilla può ancora contare sullo spirito di dedizione e la competenza di bravi critici musicali, oltre ovviamente al contributo fondamentale dei lettori che acquistano il mensile. Qualche tempo fa un amico mi disse che Rockerilla meriterebbe di essere elevato a status di bene culturale.

Sulle pagine della rivista ti occupi prevalentemente di new wave, gothic e rock oscuro in generale, generi nati sul finire degli anni ’70 insieme a Rockerilla. Chi incarna oggi, secondo te, lo spirito primigenio di quel movimento? I Joy Division hanno dei degni eredi?
Per trovare un erede degno dei Joy Division non bisogna cercare fra le nuove generazioni, ma nella vecchia guardia dell’after punk inglese ed in questo momento mi vengono in mente solo i Section 25, il gruppo più amato da Ian Curtis. La cosa triste è che anche Lawrence Cassidy, membro fondatore e cantante dei Section 25, ci ha lasciato per sempre e a guidare il gruppo attualmente è il fratello Vincent con la figlia di Larry Bethany. Fra le nuove leve trovo interessanti gli Editors più ancora che Interpol e White Lies, ma sono solo un pallido riflesso dell’eredità lasciata dal quartetto di Manchester. Secondo me, gli scozzesi Arab Strap, oggi purtroppo non più attivi, hanno incarnato più di altri lo spirito di cui parli, seppur in maniera assolutamente autoctona e contestualizzata.

Quindi ha ancora senso continuare a parlare di musica dark?
Innanzitutto dobbiamo metterci d’accordo su cosa intendiamo per dark, termine questo che ha creato un po’ di confusione. Se con questa etichetta si designa un sottogenere del punk e della new wave, allora il cerchio si chiude attorno ad una manciata di nomi in qualche modo legati alle prime vicende del Batcave, il club londinese dove si esibivano gli astri nascenti del gothic-rock. Fu lì che germogliò il seme del dark, dando origine ad una scuola cui, a torto o a ragione, furono assimilati, fra gli altri, Bauhaus, The Sisters Of Mercy, UK Decay, Virgin Prunes, Christian Death, Alien Sex Fiend, Play Dead, Cure, Siouxsie And The Banshees, The Danse Society, Dead Can Dance, Sex Gang Children, per arrivare alle generazioni dei Fields Of The Nephilim, Ausgang, Bone Orchard e quant’altro. Se ci pensi, tutto questo oggi è finito da un pezzo perché il dark, in origine fenomeno che aveva delle cose interessanti da dire, è andato esaurendosi nel giro di pochi anni. Un altro grande bluff del rock’n’roll? Le ultime sacche di resistenza della popolazione dark, italiana e/o straniera che sia, che oggi trova diritto di cittadinanza in altri domini musicali quali l’EBM e limitrofi, credo non siano altro che ombre che sopravvivono a se stesse.
Negli anni ottanta c’era poi la pessima abitudine (ma forse ancor oggi) di bollare come dark qualunque cosa suonasse un po’ più tenebrosa e crepuscolare del solito, facendo di questo termine un marchio inflazionato che finì per non significare più nulla. Rappresentare il lato oscuro dell’esistenza, raccontare la tragedia, vestirsi di nero, esplorare il mondo dell’occulto e cantare il declino della nostra epoca, che oscura è per definizione, non è prerogativa e variabile fissa di un solo genere o ambito musicale, ma è espressione di un sentire che qualunque sensibilità artistica è deputata a elaborare senza essere fatta oggetto di sterili cartelli. Ciò che fa differenza sono, come sempre, il talento e l’ispirazione. Il rock ha consegnato pagine indimenticabili su questo fronte tematico. Negli anni ‘60 band come HP Lovecraft consegnavano alla storia un paio di capolavori ispirandosi allo scrittore di novelle horror da cui hanno preso il nome, mentre gli Electric Prunes nel 1968 introducevano il canto gregoriano nella psichedelia. Senza poi parlare delle correnti neo-decadentiste e filoesoteriche del progressive e del kraut-rock settantino. Chi non ha cantato la notte e il mistero della vita in musica? Ma alla notte bisogna contrapporre la luce, la scintilla del poeta che fa emergere verità e forme di bellezza altrimenti inarrivabili.


Veniamo a questioni più tecniche: il nuovo millennio ha coinciso con la crisi della musica, la fine dei supporti fisici e l’avvento degli mp3. Quale pensi sia la causa principale di questa crisi, solo una questione di supporto o più profondamente una crisi culturale?
L’ultima ipotesi è la più calzante, una crisi culturale da imputarsi sostanzialmente all’ascesa del mondialismo e della globalizzazione, frutto di una rivoluzione tecnologica che ha cambiato le regole del gioco, accorciando le distanze e cancellando le differenze, con un conseguente effetto di appiattimento deleterio. Non vorrei apparire antiquato, ma che razza di valore aggiunto ha portato l’avvento dei formati digitali nella musica? Temo nessuno, solo una banalizzazione del gesto creativo. Tutto dipende dalle aspettative che ognuno pone nei confronti della musica, se relegarla a semplice oggetto di consumo o se in essa si cerca quella scintilla di cui s’è detto sopra, un indizio d’arte illuminata e ricchezza di contenuti; se poi c’è una punta di originalità e magari un guizzo di stimolante follia, tanto meglio. Una bella prova d’autore non può essere svilita gettandola nel calderone indifferenziato della rete, ma onorarla nell’unico modo dovuto, vale a dire nel disco insieme a tutto ciò che lo correda e completa -cornice grafica, trascrizione dei testi, note di copertina…-, possibilmente nell’intramontabile formato vinile. E quindi godersi il rito dell’ascolto come un sogno, come momento magico cui dedicarsi con tutti i sensi e sentimenti. Altroché mp3 e cultura dell’usa e getta!

Nonostante la crisi della musica, Rockerilla e poche altre riviste cartacee specializzate sopravvivono ancora alle intemperie. Quali difficoltà bisogna affrontare per essere ancora nelle nostre edicole?
Proprio a causa dei moderni sistemi di comunicazione di massa e della situazione di cui abbiamo appena detto, curare e pubblicare una rivista seria in forma cartacea oggi è un’impresa piuttosto impegnativa che comporta dei costi difficilmente compensati dalle vendite. Per sopravvivere, una rivista tradizionale deve fare appello – altro aspetto doloroso – agli sponsor e alle pubblicità di settore. Ma oltre a questo, torno a dire, serve tanta determinazione e la voglia di crederci.

Pensi che il futuro dell’editoria musicale sia sul WEB o che non si potrà mai prescindere dal formato cartaceo?
Chi può dirlo? Ormai siamo pronti a tutto. Forse arriveremo al punto in cui per produrre carta stampata si dovrà di nuovo ricorrere al ciclostile. Lo zoccolo duro dell’editoria classica contro i moloch dell’informazione digitale. La sfida è ancora aperta.

L’esplosione di internet ha portato alla nascita della fanzine online, la cosiddetta “webzine”, alcune di esse sono molto professionali, molte altre meno, spesso dalla vita effimera. Come pensi abbia cambiato il mondo della informazione musicale la nascita delle webzines? Da giornalista della carta stampata, come vivi queste trasformazioni nel mondo dell’informazione musicale?
Personalmente non amo molto le webzine. Questo non significa che non vi siano dei blog titolati dove attingere notizie o leggere interviste e recensioni di critici informati e competenti. Ma siamo sempre lì. Il web è una piattaforma troppo dispersiva, quando non approssimativa e confusionaria. Il pluralismo va bene, ma a tutto c’è un limite. Farsi bombardare la testa da mille opinioni diverse sullo stesso argomento francamente non credo sia molto utile. Meglio muoversi cautamente fra le maglie della ragnatela… E poi vuoi mettere il piacere tattile e visivo di sfogliare una bella rivista?

Escluso Rockerilla, quali magazines musicali legge Aldo Chimenti? Dai mai una sfogliata alle riviste “rivali” come Il Mucchio Selvaggio, Blow Up e Rumore?
I giornali che citi li seguo tutti serenamente. Leggo spesso anche Ritual e Ascension Magazine. Quando riesco a recuperarli, non disdegno periodici stranieri come Uncut, Mojo, NME, Zillo… Ma ti confesso che rimpiango sempre di più le vecchie fanzine realizzate con pochi mezzi nello spirito del DIY e della ricerca appassionata. Forse è il caso di ripensarci.




mercoledì 12 ottobre 2011

NEWS – “Osanna! L’angelo sterminatore”: in arrivo la ristampa dei Rivolta dell’odio

Accolta con euforia la notizia del ritorno del seminale gruppo anconetano.

È stata accolta con euforia dagli appassionati di musica underground la notizia della ristampa di “Osanna! L’angelo sterminatore”, primo e unico album all’attivo dei Rivolta dell’odio, storica band post-punk hardcore degli anni ’80, caratterizzata da testi anarchici ed anticlericali. A renderlo noto l’etichetta indipendente Sometimes Records, già responsabile di importanti ristampe quali Starfuckers e Detonazione. Essa non è stata avara di dettagli a riguardo: non sarà una semplice ristampa del LP originale, ma una raccolta su doppio cd di tutto il materiale licenziato dal gruppo nel corso degli anni ’80. Nel primo disco ci sarà “Osanna! L’angelo sterminatore”, 33 giri pubblicato originariamente in vinile rosso nel 1986, insieme ad alcune rarissime tracce live recuperate degli archivi della band, ma è il secondo disco a riservare le maggiori sorprese, infatti conterrà le rarissime tracce della cassetta “La danza del sangue e del sole”, incisa nel 1983 e fatta circolare come demotape in pochissime copie, e una collezione completa dei primi singoli pubblicati tra il 1982 e il 1984, tutto rimasterizzato in digitale. La pubblicazione del doppio cd è prevista per la primavera del 2012.



mercoledì 5 ottobre 2011

NEWS – I Cineteca Meccanica pubblicano “Deviazioni”, il loro primo cd album

Ne dà l’annuncio l’etichetta indipendente Danze Moderne, con un comunicato stampa di cui riportiamo uno stralcio.

Limitativo parlare di “revival” new wave anni ’80 per un progetto musicale come quello dei Cineteca Meccanica. Intanto perché i suoi componenti, personaggi di spicco dell’underground milanese, provengono da importanti esperienze musicali che affondano le radici proprio in quegli anni cruciali, secondo perché affrontano il mercato con un album dotato di una sensibilità tutta moderna, soprattutto nei testi di Davide De Santis, carichi delle tensioni e dei conflitti dell’uomo d’oggi. I Cineteca Meccanica si candidano come esponenti di spicco della nuova ondata new wave di casa nostra, ribattezzata Neo Wave, che ha preso piede nel nuovo millennio e che questa volta ha come suo baricentro Milano, dove gli Stardom di Soviet della moda ne hanno scritto il manifesto.

Milano, 03/10/2011 – È uscito “Deviazioni”, primo album ufficiale per i Cineteca Meccanica, band elettrowave nata a Milano nel 2009 per mano di Davide De Santis e Alessandro Ruberto, due veterani della scena underground meneghina avendo militato in numerosi progetti musicali degli ultimi due decenni (U-bahn Enfants, 2+2=5, Scunt, Valis). Il disco ripercorre le strade tracciate negli anni ’80 da quella che è stata considerata la scena new wave italiana per eccellenza (CCCP, Diaframma, Neon, Krisma) unita alle sonorità elettroniche d’oltremanica di artisti come John Foxx, Gary Numan e Ultravox. L’album raccoglie una selezione di quattordici brani composti nel primo anno di vita dell’ensemble, dove i tappeti di tastiera e le pulsanti ritmiche elettroniche di Alessandro Ruberto accompagnano la voce di Davide De Santis, uno dei più apprezzati scrittori di testi della scena sotterranea contemporanea.
“Sebbene i Cineteca Meccanica esistano da soli due anni, Deviazioni è un lavoro maturo, frutto di tanti anni di esperienza underground dei singoli componenti” ha dichiarato Davide De Santis, vocalist e portavoce della band, “abbiamo avuto molti riconoscimenti per i miei testi, ma è indubbio che anche le melodie e le ritmiche di Alessandro hanno fatto presa sugli ascoltatori. Sicuramente un progetto destinato a proseguire e a crescere nella sua ricerca sonora”.


L’album in cd “Deviazioni” sarà disponibile per l’acquisto a partire dal 3 ottobre 2011 nei migliori negozi di musica alternativa e sui più importanti WEB Stores nazionali ed internazionali.





lunedì 3 ottobre 2011

Dischi: (MU)SiCk Project – Atelier

Il laboratorio della musica.

Musicista eclettico Massimo Di Gaetano: diplomato in chitarra classica, metallaro D.O.C. (attualmente in forza ai Carpenteria Metallica, tribute band ufficiale dei Metallica in Italia), chitarrista nella new wave band Hiroshima Mon Amour dal 2004 al 2006, infaticabile sperimentatore. È questa sua ultima attitudine che lo ha portato a mettere in piedi il progetto (MU)SiCk Project insieme ad Alessandro Scenna, batterista e percussionista sopraffino, capace di percuotere tutto ciò che è percuotibile. Nelle note di presentazione del gruppo, essi scrivono: “Il progetto (MU)SiCk Project focalizza l’attenzione sul ‘suono’ nell’accezione più ampia del termine, a tal punto che, rubando un’espressione del compositore Mauricio Kagel, sarebbe più corretto parlare di ‘vita acustica’, in quanto viene conferita pari dignità anche al silenzio ed al rumore, elementi spesso sottovalutati.”. Quindi i nostri eroi, armati di chitarra classica, percussioni ed altri oggetti, assemblano un lavoro di musica d’avanguardia, sia improvvisata che scritta, dove l’esplorazione del suono assume un ruolo focale. Dalla sei corde acustica e dagli oggetti più disparati, escono suoni particolarissimi che si rincorrono e si intersecano, raccontando gli ambienti e i movimenti del pianeta terra attraverso suggestioni create dalle informazioni che giungono al nostro apparato uditivo. Ci sono i suoni asciutti ma anche gli echi e i riverberi, che non sono mai il frutto di un artificio di studio, ma di tecnica sullo strumento, a confermare l’abilità indiscussa dei due musicisti di Teramo. Il disco si compone di quattordici titoli, di cui undici inediti e tre riarrangiamenti di autori quali John Cage, Bruno Maderna e Egberto Gismonti. Il titolo è “Atelier”, ad omaggiare la sala dove è stato registrato l’album, ex laboratorio pittorico ora divenuto parte degli StratoStudios (TE) del fonico Ivan D’Antonio. Lo stesso Ivan D’Antonio compare nei credits in un paio di brani, dove suona la kalimba e la chitarra hawaiana, sua specialità. Un disco inusuale, sicuramente non per tutti i palati, ma un vanto per la musica creativa del nostro Paese.


Artista: (MU)SiCk Project
Titolo: Atelier
Formato: cd album
Anno: 2011
Etichetta: StratoStudios
Stile: acustico, sperimentale, concreta

Tracklist:
1- Sandpaper
2- Zahir
3- Architetture
4- Dream
5- Shanghai 10
6- One For André Breton
7- A Vela Ru Mari
8- Collage
9- Agua E Vinho
10- Japanese Garden
11- Frames
12- Serenata Per Un Satellite
13- Mirror
14- The Sushi Cooker

Formazione:
Massimo Di Gaetano – chitarra acustica
Alessandro Scenna – batteria, percussioni, cymbals, bells, oggetti

Collegamenti:
(MU)SiCk Project blog ufficiale



sabato 3 settembre 2011

Dischi: CADABRA – Past To Present

Substance.
C’era bisogno di questo disco dei Cadabra. Past To Present è una raccolta su cd che mette insieme gli EP autoprodotti che hanno caratterizzato la fase più epica della loro carriera (Blood And Blades e Love Boulevard), oramai introvabili sul mercato, insieme ad alcuni brani tratti dall’album Wave/Action, completamente remixati, e al singolo Heart, uscito ad ottobre dello scorso anno solo in formato digitale. C’era bisogno di questo disco perché alcune perle della discografia Cadabra contenute nei due EP, come Sleeping, Love Boulevard o Blood And Blades, rischiavano di non avere più una forma fisica e di poter essere ascoltate solo in streaming su qualche web radio o sui più famosi social network (MySpace, facebook). C’era bisogno di questo disco perché i fans che erano rimasti spiazzati da un album come Wave/Action, dove spariva l’elettronica che da sempre aveva caratterizzato il loro sound a favore di ruvide chitarre, trovano qui quattro brani ripescati da quel disco, rielaborati e rinvigoriti, il cui suono è stato reso cristallino dal nuovo mixaggio in modo da avvicinarsi al classico “sound Cadabra” senza rinunciare all’essenzialità del combo basso/chitarra/batteria. C’era bisogno di questo disco perché i Cadabra, sicuramente uno dei migliori e più attivi gruppi new wave italiani, dopo tredici anni di carriera avevano la necessità di mettere un punto fermo su quanto fatto, prima di gettare le basi per nuovi progetti, con tutto il loro bagaglio di esperienza, mestiere e creatività. Un futuro che io vedo fulgido se ne è l’anteprima la splendida Heart: un brano appassionato, coinvolgente, tecnicamente impeccabile, perfetto nel suo equilibrio tra acustica ed elettronica, che esalta le capacità dei nostri e che avrebbe scalato le classifiche internazionali in mano ad un qualsiasi gruppo d’oltremanica.
Ed è quindi con fiducia che attendiamo un eventuale prossimo album… godendoci nel frattempo le maraviglie di questo Past To Present.


Artista: Cadabra
Titolo: Past To Present
Formato: cd album
Anno: 2011
Etichetta: Revenge Records
Stile: new wave, rock

Tracklist:
1- Blood And Blades
2- Morning Star
3- Sleeping
4- Time Rio
5- A Strange Kind Of Fashion
6- Love Boulevard
7- The Muse Of Despair
8- Echo
9- Watching Me Change
10- All Your Bodies
11- Other Side
12- Christabel
13- Heart
14- Love Boulevard (Loveless Mix)

Formazione:
Sebiano Cuscito: voce, chitarra, tastiere
Francesco Radicci: batteria
Vincenzo Romano: basso









mercoledì 31 agosto 2011

NEWS – I Cineteca Meccanica esordiranno in autunno con il loro primo album

Si intitolerà “Deviazioni” e sarà presentato il 15 ottobre al Ligera di Milano.

I Cineteca Meccanica, ultima creatura musicale prodotta dall’etichetta indipendente Danze Moderne, annunciano la pubblicazione del primo album “Deviazioni” per il 3 ottobre 2011. Il gruppo elettrowave milanese, fondato da Davide De Santis e Alessandro Ruberto, presenterà il disco al Ligera di Milano sabato 15 ottobre, in un concerto dal vivo dove saranno accompagnati sul palco dagli Stardom, reduci anche loro da un esordio discografico con Danze Moderne (l’album “Soviet della moda”) e da un brillante live tour nazionale. I due gruppi si esibiranno a partire dalle ore 22:00 in un intenso spettacolo di “rock italiano cantato in italiano”, rispolverando la gloriosa epopea della new wave anni ’80 che fu di Diaframma, Litfiba e CCCP.


Collegamenti:
Cineteca Meccanica, facebook
Stardom, sito ufficiale
Ligera, sito ufficiale




sabato 6 agosto 2011

Le copertine dei dischi, un’arte in via d’estinzione

L’avvento della musica digitale ha chiuso definitivamente l’epoca d’oro delle cover art.
“La copertina di un disco viene prima della musica”. Queste furono le parole che mi disse l’allora discografico del mio gruppo quando mi presentai a lui con il master finale del nostro primo album. Restai sbalordito da tale dichiarazione, io fino a quel momento avevo pensato solo alla musica. Mi aveva chiesto quali idee avessimo per la copertina e io gli avevo risposto che non ne avevamo nessuna. Allora mi spiegò che, prima ancora di mettere un disco sul piatto (ma nella sua mente forse c’era anche “prima di comprarlo”), un ascoltatore osserva la copertina, ne resta suggestionato e già da lì deve capire quale musica andrà ad ascoltare. Quindi, in una semplice sequenza temporale, la copertina di un disco viene prima della musica. Col senno di poi, parole sante! Bei tempi quelli: la copertina era una parte importante della cultura musicale, c’erano ancora gli LP in vinile e le grafiche erano dei veri e propri quadri, che potevano essere appesi ad un muro. L’artwork (o cover art) ha reso celebri alcuni dischi tanto quanto la musica che contenevano. Sicuramente un mezzo per incentivare la vendita, ma soprattutto un’espressione dell’intenzione dell’artista. Le copertine semplici o apribili, con inserti artistici, con dentro il foglio dei testi e le fotografie del musicista, hanno fatto diventare l’album discografico un’attraente opera d’arte. Sono stati usati fogli di giornale, cartone grezzo, box metallici, ologrammi, copertine forate, copertine poster, chiusure lampo… sono state inserite nel package fotografie, cartoline, gadgets, spille, poster. Insomma, la fantasia ha avuto in questo campo un ampio sfogo.

All’inizio, negli anni ’20, i primi album in vinile a 78 giri venivano inseriti in fogli di carta per poter essere protetti da urti e polvere, un foro centrale permetteva di leggere l’etichetta con l’autore e i titoli dei brani. In seguito questi fogli di carta vennero sostituiti da cartoncino per permettere al disco di reggersi in piedi, visto che, impilati l’uno sull’altro in orizzontale, rischiavano di rompersi. Nel 1938 ci fu la svolta: Alex Steinweiss, art director della Columbia, decise di cambiare le copertine di cartoncino marrone, usate fino ad allora, con opere colorate che rendessero l’idea della musica che era contenuta nel vinile. Fu un successo enorme, il nuovo packaging e le illustrazioni rilanciarono l’industria musicale e le vendite aumentarono con percentuali dell’800%. Da quel momento in poi fotografi, pittori, filosofi e graphic desingners si sono cimentati nella realizzazione della copertina più affascinante, accattivante, interessante, che esprimesse appieno con le immagini e i colori quello che il musicista esprimeva attraverso le note. Negli anni ’60 e ‘70 le copertine ebbero un’esplosione di forme e di colori, si usarono i materiali e gli oggetti più diversi, ma anche le sagome, in alcuni casi, subirono delle variazioni: tonde, triangolari, doppie, triple. Negli anni a seguire addirittura il vinile stesso è stato colorato, reso trasparente e infine disegnato (i meravigliosi picture disc).

Poi, negli anni ’80, è arrivato il compact disc e c’è stata una piccola rivoluzione dell’artwork: la superficie dedicata all’immagine di copertina venne a ridursi notevolmente, ponendo ai grafici delle nuove sfide. Il libretto, quadrato anch’esso e di dimensioni di circa un terzo dell’LP, era contenuto nel famigerato “jewel box” in plexiglas, fragilissimo e solito andare in pezzi alla minima caduta nella parte più delicata, la cerniera. Alcune ristampe fatte da LP a cd non hanno superato brillantemente il test della “riduzione”, come ad esempio in Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles, con i personaggi alle spalle del gruppo miniaturizzati, o in The Garden di John Foxx, dove l’artista, rimpicciolito, sparisce tra gli alberi. Ma nelle nuove produzioni si è per forza dovuto tener conto di questo fattore e in alcuni casi i risultati sono stati brillanti, come in Love Deluxe di Sade o Wakafrika di Manu Dibango. Anche qui tante sono state le soluzioni artistiche, specie per quanto riguarda il libretto, dai semplici due foglietti a veri e propri tomi di diverse pagine legate da due puntine o piegate su se stesse “a fisarmonica” tre, quattro o più volte. Certo, l’avvento del cd resta un brutto colpo per gli estimatori del vinile e, soprattutto, delle grandi copertine cartonate, quelle opere che in molti casi avrebbero meritato di essere appese ad un muro come quadri, ma questo era nulla in confronto a quello che sarebbe accaduto nel nuovo millennio.

L’avvento della musica digitale, degli mp3, ha di fatto ucciso l’artwork degli album musicali. Le canzoni hanno iniziato a correre sul web da un PC all’altro in forma di files compressi. Se i puristi del suono ritenevano che il passaggio dal vinile al compact disc avesse penalizzato la qualità dell’audio, generando delle polemiche tra i due schieramenti, con l’mp3 la qualità ha subito senza ombra di dubbio un drastico crollo. Ma è soprattutto la copertina, insieme a tutto il supporto fisico, ad essere stata sacrificata al dio progresso. Molti album oggi giacciono sugli hard disc dei computers in anonime cartelle e privi dell’immagine grafica con cui l’artista aveva voluto comunicare all’ascoltatore il suo universo. Il noto grafico inglese Peter Saville, autore di storiche copertine per gruppi come Joy Division, New Order, Ultravox, OMD… qualche anno fa denunciava sulle pagine dell’Independent On Sunday che l’immissione sul mercato di mp3 players aveva definitivamente ucciso “l’arte di produrre copertine dei dischi”. L’ex designer della Factory affermava in quell’articolo: ”Un tempo le copertine dei dischi rappresentavano una finestra su un mondo parallelo, mentre oggi il mercato discografico le ha rese obsolete tramite la produzione di supporti praticamente inesistenti. Se la loro funzione non verrà recuperata, ci troveremo con l’aver perso una parte fondamentale del mondo musicale”. L’appello, al momento, sembra caduto nel vuoto. Per i giovani d’oggi la musica è una collezione di file mp3 ben organizzata sul PC, magari scaricata illegalmente con eMule, completa di scansione in formato jpg di fronte, retro, interno e immagine sul disco dell’originale supporto cd. Per chi trova un album mp3 senza la copertina, sono nati appositi siti web come All Cd Covers, gestito direttamente dalla sua community. Qui gli utenti caricano le copertine di cui dispongono, gli altri le votano garantendo così una sorta di “controllo qualità” che premia i files con una risoluzione più elevata. Album Art Search, invece, si è auto-proclamato come “il più grande archivio di cover del mondo“ ed al suo interno è possibile trovare, oltre alle copertine, anche torrent, trailer e sottotitoli relativi ai termini di ricerca inseriti.

Sono dunque lontani i tempi in cui si poggiava il vinile sul piatto e, mentre la musica fluiva, ci godevamo le immagini della grafica di copertina e leggevamo i testi delle canzoni, completamente immersi in quel mondo fantastico. Oggi la rivoluzione digitale, positiva o negativa la si voglia giudicare, ha obiettivamente penalizzato l’arte dell’immagine legata alla musica, riportandoci negli anni ’20 e ‘30, ai 78 giri avvolti in anonimi fogli di carta. Ad una sovrabbondanza di materiale a disposizione a seguito di questa “democratizzazione” della musica, non ha corrisposto una maggiore e approfondita analisi dell’album discografico, sia nelle sue parti musicali, sia nelle sue parti grafiche, contribuendo ad innescare quella crisi che attanaglia il settore dai primi anni del nuovo millennio. Non so quale sarà la prossima rivoluzione nel mondo della musica, ma qualsiasi essa sarà, spero darà di nuovo spazio all’arte delle immagini.

Collegamenti:
Le copertine più belle della storia
Le copertine più brutte della storia




mercoledì 3 agosto 2011

NEWS – “Atelier” è il primo album dei (MU)SiCk Project

Ne dà l’annuncio il gruppo teramano insieme all’associazione culturale Fonoarte, con un comunicato stampa di cui riportiamo uno stralcio.

(MU)SiCk Project è il progetto musicale del chitarrista Massimo Di Gaetano (ex Hiroshima Mon Amour) e del percussionista Alessandro Scenna, due validi musicisti di Teramo dediti ad una sperimentazione acustica di gran pregio. Chitarra classica, percussioni e svariati oggetti per raccontare il suono e la sua natura, tra melodie, rumori e silenzi. Il disco è stato registrato agli StratoStudios di Teramo dal fonico Ivan D’Antonio, che compare anche come ospite suonando la kalimba e la chitarra hawaiana, sua specialità.

Teramo, 01/08/2011 – È uscito “Atelier”, il primo album dei (MU)SiCk Project, band di Teramo composta da due validi musicisti: Massimo Di Gaetano, chitarra classica, e Alessandro Scenna, percussioni. Pubblicato grazie al supporto dell'associazione culturale Fonoarte, l’album si compone di quattordici pezzi strumentali, di cui undici inediti e tre re-interpretazioni di classici di John Cage, Bruno Maderna e Egberto Gismonti. La loro musica esplora il suono nel vero senso della parola: la chitarra crea melodie, ma anche effetti attraverso la sperimentazione di varie tecniche volte ad ottenere una gamma quanto più ampia possibile di sonorità diversificate, mentre Alessandro Scenna crea ritmo, suoni e rumori dagli oggetti più disparati, grazie a parti di batteria modificate, campanelli o oggetti di uso comune, come piatti, bicchieri e pentole. Musica d’avanguardia, acustica e sperimentale, che crea suggestioni e senso di appartenenza al mondo che ci circonda, con i suoi ritmi, i suoi suoni, ma anche con i suoi rumori e il suo silenzio. “Abbiamo realizzato un album molto sperimentale” ha dichiarato Massimo Di Gaetano, chitarrista e portavoce del gruppo, “il nostro scopo era sperimentare e sfruttare al massimo le nostre conoscenze tecniche per esplorare il significato di “suono” nell'accezione più ampia del termine, nei suoi aspetti più raffinati, ma anche nei suoi aspetti più primitivi e rumoristici”.

L’album in cd “Atelier” dei (MU)SiCk Project è disponibile per l’acquisto nei migliori negozi di musica alternativa e sui più importanti WEB Stores nazionali ed internazionali (Amazon, CdUniverse, cdandlp, Ebay, ecc…).


domenica 3 luglio 2011

NEWS – I Cadabra pubblicano “Past To Present”, il loro nuovo cd album

Ne dà l’annuncio l’etichetta Revenge Records, con un comunicato stampa di cui riportiamo uno stralcio.

Dopo i numerosi consensi per l’album Wave/Action, pubblicato nel 2009, i Cadabra hanno sentito la necessità di raccogliere e pubblicare tutto il materiale disperso su singoli autoprodotti, licenziati dal 2003 ad oggi, insieme a brani in versione alternativa e remix. L’operazione prende il nome di “Past To Present”, cd album che mette in fila tutta una serie incredibile di potenziali hit da classifica, come Love Boulevard, Sleeping e Heart.

Bari, 27/06/2011 – È uscito “Past To Present”, il nuovo album dei Cadabra, band di Gioia Del Colle che ha saputo esportare in Europa la new wave di casa nostra. L’album si compone di 14 pezzi estratti dai precedenti lavori “Blood And Blades”, “Love Boulevard” e “Wave/Action”, rimasterizzati digitalmente, e il singolo “Heart”. La loro musica, sulle orme di bands storiche come The Cure, Mission, New Order e Depeche Mode, è una new wave rivisitata secondo uno stile moderno e del tutto personale, tanto da aver loro garantito un seguito importante sia in Italia che all’estero. “Past To Present” raccoglie in un unico disco molto materiale relativo alle prime produzioni della band, oramai irreperibili sul mercato. “Questo album fa il punto sui primi tredici anni della nostra carriera” ha dichiarato Francesco Radicci, batterista e portavoce del gruppo, “inoltre regala ai nuovi fans quello che era il contenuto dei nostri primi mini-album “Blood And Blades” e “Love Boulevard”, dischi che hanno determinato il nostro successo, ma le cui copie sono oramai esaurite da tempo”.
L’album “Past To Present” dei Cadabra è disponibile all’acquisto nei migliori negozi di musica alternativa e sui più importanti WEB Stores nazionali ed internazionali (Ebay, Amazon, CdUniverse, cdandlp, ecc…). Inoltre sarà possibile acquistarlo sulle principali piattaforme di vendita online (iTunes).



giovedì 2 giugno 2011

SIAE: Affidato ad un novantenne il futuro della musica italiana

Gian Luigi Rondi, classe 1921, nominato Commissario Straordinario della SIAE.

Lo scorso marzo l’attuale governo in carica, su proposta del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e del Ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi, ha nominato Gian Luigi Rondi Commissario Straordinario della SIAE, a seguito delle dimissioni del presidente Giorgio Assumma nel dicembre 2010. La notizia è stata fatta passare sottotono, senza particolari clamori. Ma Gian Luigi Rondi, critico cinematografico e attuale presidente dell’Ente David di Donatello e del Festival internazionale del film di Roma, il prossimo 10 dicembre compirà 90 anni. Voci di indignazione si sono levate da chi si aspettava dalla SIAE una svolta nella propria gestione, per risolvere le nuove sfide legate al diritto d’autore nel tempo della rete e del web. In questo modo si è messo alla guida dell’ente una persona che probabilmente non ha mai messo gli occhi davanti allo schermo di un computer e che potrebbe non aver perfettamente chiaro il significato di mp3, file sharing e social network. Le prime critiche sono state mosse da Alessio Croppi, critico cinematografico e responsabile cultura di FLI: “Un Commissario nato prima dell'invenzione del vinile non può essere in grado di affrontare i problemi del diritto d’autore nell’epoca di internet e delle nuove tecnologie. Questo vuol dire che il lavoro verrà affidato ad un oscuro funzionario che risponderà a chissà quali interessi”. Quel riferimento all’oscuro funzionario non è piaciuto alla SIAE, che ha replicato con il Direttore Generale Gaetano Blandini: “Rondi è attivo e pronto a prendere tutte le decisioni che riterrà necessarie, aiutato da due sub-commissari, il professor Mario Stella Richter e l'avvocato Domenico Luca Scordino. Inoltre la legge sul diritto d’autore è regolata da una legge dello Stato ed eventualmente il compito di rivederla, alla luce delle nuove sfide imposte dalle tecnologie e dal mercato, spetta al Parlamento della Repubblica”. Entro il 31 dicembre del 2011, il nuovo commissario e i suoi due sub-commissari dovranno provvedere alla riforma dello Statuto, del Regolamento Generale della società e del regolamento elettorale. Nonché approvare il bilancio e avviare il piano messo a punto in questi mesi da Blandini per rilanciare la SIAE.

Abbiamo criticato la SIAE diverse volte su questo blog, ma l’ente non perde occasione per offrirci nuovi spunti per ulteriori critiche. La SIAE oggi conta 90.000 iscritti di cui solo circa 1.500 incassano più di 15 mila euro l’anno. Abbiamo duramente criticato la norma dell’ottobre 2006, che qualcuno ha ribattezzato “L’infame sorteggio”, con la quale si determinava una nuova metodologia per la ripartizione dei diritti d’autore per ciò che riguarda i cosiddetti “concertini”. Questa norma, di cui noi chiediamo la cancellazione, ha nel concreto penalizzato economicamente i piccoli autori e i piccoli editori musicali, il tutto a beneficio dei soliti grandi nomi (vi invito a leggere il nostro articolo in merito La SIAE e la ripartizione dei diritti d’autore). Ma questa è solo la punta dell’iceberg, il tema sul quale conduciamo da tempo la nostra principale battaglia. Per il resto la SIAE, storica Società Italiana degli Autori e degli Editori legata al Ministero dei Beni culturali, galleggia tra problematiche economiche, tecnologiche e culturali. Tanto da essere accusata anche dalla Lega Nord (attualmente forza di governo) di essere l’ennesimo carrozzone italiano, con i suoi 1.400 dipendenti e più 600 agenti mandatari, con un deficit che rischia di diventare strutturale (si parla di cifre intorno ai 3 milioni di euro), nonostante gli oltre 600 milioni di euro raccolti ogni anno in diritti d’autore. Per questi motivi ci aspettavamo delle scelte strategiche importanti, scelte che continuano a non essere fatte. Oltre alla SIAE, ci permettiamo di criticare anche Gian Luigi Rondi. All’atto della sua nomina, egli ha commentato: ”Ho accettato per amore della cultura”, ma secondo noi proprio per amore della cultura avrebbe dovuto rifiutare l’incarico e lasciare il suo posto ad un giovane, non dico trentenne, ma almeno quarantenne. È oramai chiaro che la classe dirigente gerontocratica italiana non si occupa di altro che dare poltrone ai suoi coetanei, dai settanta anni in su. Rondi, già presidente dell’Ente David di Donatello e già presidente del Festival internazionale del film di Roma, poteva accontentarsi delle sue due poltrone e risparmiarci di occupare, a 90 anni, quella della SIAE, strategica per la cultura del nostro Paese.

Riportiamo alcune tappe della storia della comunicazione legate alla vita di Rondi pubblicate sul sito http://www.thedailyweek.it/ , divertente, ma non troppo:
Gian Luigi Rondi è nato nel 1921.
Quando nacque l’URI, Unione Radiofonica Italiana, nel 1924, Rondi aveva 3 anni.
Quando la RAI ha iniziato a trasmettere, nel 1954, Rondi aveva 33 anni.
Quando nacque RAI 2, nel 1961, Rondi aveva 40 anni
Quando nacque ARPANET, antenato di internet, nel 1969, Rondi aveva 48 anni.
Quando nacque RAI 3, nel 1979, Rondi aveva 58 anni.
Quando nacque il WEB, nel 1991, Rondi aveva 70 anni (!)
Quando nacque Video On Line, nel 1993, Rondi aveva 72 anni.
Quando nacque Google nel 1998, Rondi aveva 77 anni
Quando nacque Sky Italia, nel 2003, Rondi aveva 82 anni.
Quando nacque Youtube, nel febbraio del 2005, Rondi aveva 84 anni.
Quando nacque l’iPhone, nel 2007, Rondi aveva 86 anni.
Il 2 marzo 2011 Steve Jobs presenta l’iPad 2, il giorno dopo, in Italia, Gian Luigi Rondi, all’eta di 89 anni, viene nominato Commissario Straordinario della SIAE.

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mercoledì 1 giugno 2011

Dischi: HIROSHIMA MON AMOUR – Quinta stagione

Dignità di un gruppo.
Pensavo che gli Hiroshima Mon Amour fossero incapaci di cambiare. Sin dall’inizio il loro suono è stato ancorato ad un post-punk che pescava a piene mani negli anni ’80, Joy Division, The Cure e Diaframma in primis, lasciando poco spazio all’improvvisazione e alla contaminazione. Molti cambi di formazione nel corso degli anni non hanno mai spostato quel baricentro, quello della “new wave a tutti i costi”, il cui tratto distintivo è stato sin dagli esordi la voce acre e monocorde di Carlo Furii, che ha sempre mantenuto le debite distanze da quel che è comunemente considerato “il bel canto”. Cambia tutto con questo Quinta stagione, nuovo capitolo della discografia HMA dopo i precedenti Anno Zero, Dedicata, l’antologia di inediti Cambio 1995-2001 e il live Embryo. E non parlo delle due tracce poste agli estremi del disco, ruvida elettronica gotico-industriale (l’amico elvetico Sacha Rovelli, aka Icydawn, al sintetizzatore) cui gli HMA già ci avevano abituato in passato grazie ad episodi come Nemesi, Embryo o Prophecy, ma parlo di tutto il resto. Gli HMA adesso suonano disinibiti, con il gusto di farlo e di misurarsi con altri linguaggi, di sperimentare senza pesanti fardelli sulle spalle (leggi “il fantasma di Ian Curtis”). Il loro suono ora si sporca rotolandosi nel punk (Finzioni), nel blues (Domani è un altro giorno) e c’è persino un ritmo "disco" in Polizia delle passioni, ma qui oggi si suona soprattutto rock: tante, tantissime chitarre! Sono spariti i synth, che hanno lasciato il posto all’organo e al pianoforte (stupenda l’introduzione pianistica di Dignità di un uomo), Carlo Furii è più passionale nell’esternare le sue liriche. Emergono ricordi dei vecchi HMA in più di un episodio, soprattutto nei pezzi lenti come L’Europa dopo la guerra e Bacio francese, ma anche qui il tutto si dipana con un “mood” più caldo e intenso. I testi sono molto evocativi, come nella migliore tradizione HMA, con qualche apparente (e sottolineo apparente) leggerezza in più, che conferisce una maggiore freschezza ai brani, in perfetta sintonia con la musica. Questo Quinta stagione è un disco maturo, coraggioso e che merita rispetto. Sicuramente deluderà qualche fan della prima ora che avrebbe preferito la band riproponesse il medesimo “clichet” darkwave, ma i cambiamenti, si sa, passano attraverso percorsi incerti e a volte dolorosi, cui però i nostri paiono ben disposti, per sé stessi e per la loro dignità di artisti.


Artista: Hiroshima Mon Amour
Titolo: Quinta stagione
Formato: cd album
Anno: 2011
Etichetta: Danze Moderne
Stile: new wave, rock

Tracklist:
1. Angoscia
2. Non lasciarmi andare
3. Madonna
4. Dignità di un uomo
5. Finzioni
6. Bacio francese
7. Polizia delle passioni
8. Luci di Atri
9. Come ogni notte
10. Domani è un altro giorno
11. L’Europa dopo la guerra
12. D’amore non si muore

Formazione:
Carlo Furii: voce, tastiere
Domenico Capriotti: basso
Danilo De Berardinis: chitarre
Salvatore Palmisio: batteria
Sergio Tancredi: pianoforte

ospiti
Icydawn: elettronica
Siberia: voce in “Angoscia”
Marcello Malatesta: cori


Collegamenti:
Sito ufficiale
facebook






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venerdì 20 maggio 2011

News: Red Ronnie sotto attacco su facebook

Il noto critico musicale e consulente d'immagine di Letizia Moratti, attacca Pisapia su facebook e subisce la ritorsione degli utenti.

Red Ronnie, il celebre critico musicale conosciuto per aver scritto su prestigiose riviste come RockStar ed aver condotto programmi televisivi come Roxy Bar e Help!, è in queste ore sotto attacco sulla sua pagina facebook. Migliaia di iscritti in un solo giorno, ma non propriamente fans. Tutto è cominciato con un post su facebook dove Red, collaboratore e consulente d'immagine dell'attuale sindaco di Milano Letizia Moratti, scriveva: “Primo esempio del vento che sta cambiando a Milano: cancellato LiveMi di sabato 21 maggio, in Galleria del Corso. Era l’inizio di LiveMi 2011 (che se vincerà Pisapia sarà cancellato dai progetti del Comune). Dava spazio a gruppi e artisti emergenti che potevano esibirsi con brani propri. In compenso Pisapia sta pensando a un megaconcerto con Jovanotti, Ligabue e Irene Grandi. Per dare voce a chi non ce l’ha". Affermazione inverosimile: Giuliano Pisapia, il 21 maggio, non potrà essere in nessun caso sindaco di Milano e tantomeno decidere se dare o meno autorizzazioni per pubblici spettacoli. Il post ha scatenato la reazione dei sostenitori del candidato del centrosinistra, che hanno riempito il profilo di Red Ronnie con centinaia di critiche e ironiche battute, prevalentemente incentrate sui recenti attacchi del centrodestra con accuse che vanno dal furto di un'auto al coinvolgimento con Prima Linea. In serata gli utenti hanno notato che Red ha cambiato foto sul suo profilo, mettendone una dove appare accanto a Fidel Castro, ma ciò non è servito a calmare le acque, anzi è stata l'occasione per ulteriori battute ironiche. Non finisce qui: commentando lo scenario politico milanese all'Adnkronos, Red Ronnie rincara la dose dicendo “Se vince Pisapia, me ne vado da Milano". La notizia è rimbalzata sui siti e sui blog di tutta Italia, dove la critica prevalente contro Red è stata quella di essere entrato a far parte del vile attacco mediatico scatenato dal centrodestra contro Pisapia in vista dei ballottaggi per la poltrona di sindaco di Milano in programma il prossimo 29 maggio.





sabato 14 maggio 2011

News: Max Stèfani lascia Il Mucchio, storica rivista musicale

Le ragioni di tale traumatico divorzio nel suo ultimo editoriale.

Terremoto nel mondo dell'editoria musicale italiana: Max Stèfani lascia Il Mucchio Selvaggio, storico magazine da lui fondato nel lontano1977 e di cui è sempre stato il direttore. Si apprende la notizia dal sito web della rivista stessa: “Questo è un numero spartiacque nella storia della testata, che da trentaquattro anni racconta la realtà attraverso la musica, il cinema, i libri, l'attualità, la cultura in genere” e poi “Massimo Stèfani, direttore dal primo numero dell'ottobre 1977, lascia Il Mucchio firmando il suo ultimo editoriale. Una decisione ampiamente motivata sulle pagine del giornale, che resta inalterato nel suo staff e nella sostanza”.
Sul numero 682 de Il Mucchio, attualmente in edicola, Stèfani spiega le ragioni di tale traumatico divorzio nel suo ultimo editoriale:

“Da questo mese non sono più il direttore del Mucchio. Anzi, a dire la verità, l’ultimo numero che ho firmato veramente è stato quello di febbraio. Ho sempre creduto che il mio rapporto con questo giornale sarebbe durato fino alla mia morte o fino al momento in cui mi sarei stufato. Comunque una mia scelta. Invece problemi interni alla redazione e in parte anche alcune considerazioni personali mi hanno costretto a questa situazione. Mi sostituisce Daniela Federico, negli ultimi anni al mio fianco come braccio operativo, che si appoggerà probabilmente a Beatrice Mele, Federico Guglielmi e John Vignola. Per me era impossibile, sia da un punto di vista umano che professionale, continuare a lavorare con un gruppo di persone che sentivo sempre più distanti. Siamo cresciuti in modi diversi, musicalmente, politicamente, filosoficamente, giornalisticamente. Abbiamo visioni distanti e lo scontro è stato inevitabile.
Il giornale che ho in mente io va da una parte, quello loro da un'altra.
Credo che se un gruppo di persone si reputi migliore del sottoscritto e faccia tanto per raggiungere il potere, debba poi anche prendersi le responsabilità di un eventuale fallimento e che quindi non abbia senso per me restare, anche solo formalmente, al mio posto per mascherare il cambiamento.
Sono stanco. Scendo a questa fermata. Sarà un giornale differente? Credo proprio di sì. Politicamente molto più corretto, sicuramente dal mio punto di vista meno interessante. Magari anche migliore per certi versi e con risultati di vendite più alte. Questo nessuno lo sa.
Sicuramente sarà un “altro” giornale. Sicuramente non il “mio” giornale. Lo schema vincente musica-cinema-libri-politica (che è poi quello che ci differenzia dagli altri giornali musicali) non sembra almeno per il momento abbandonato, anche se non molto lucidamente, ma il nuovo direttore avrà modo di essere più preciso su quello che diventerà il Mucchio. Certo, qualcuno dei collaboratori o redattori (penso soprattutto a Del Papa ma anche a Orioles, Barone, Leporace, Crespi, Bolli, etc) si troverà a disagio. Ma quando c’è un forte cambiamento è fisiologico che una parte del giornale segua le sorti della precedente direzione. Mi auguro che diate comunque una chance a quello che sarà questo giornale. Mi dispiacerebbe se non fosse così. Ringrazio tutti. In quasi 34 anni sono passate su queste pagine almeno un milione di persone. Il 99% di queste non leggeranno ovviamente quanto scritto ora, ma il ringraziamento va anche a loro. Hanno cambiato la mia vita. Spero di aver dato qualcosa anch’io. Ringrazio anche le centinaia di firme che hanno contribuito a rendere questo giornale un caso quasi unico in Italia. Se non altro per il coraggio morale di avere un’opinione diversa e proporla a lettori infastiditi oppure ostili che rimane un pregio raro nella stampa di ogni paese. Per quanto mi riguarda non farò altro, almeno per il momento. La mia vita in questo momento è piena e bella come non lo era mai stata.
Il mio facebook e la mia nuova mail per tenersi aggiornati.
Statemi bene”


Una separazione tutt’altro che indolore, quindi. Stèfani esce anche dalla società cooperativa che gestisce la testata e che porta ancora il suo nome, la Stemax, mentre la direzione passa al redattore capo Daniela Federico, sua collaboratrice storica. Era già da diverso tempo che Stèfani accennava a divergenze maturate in redazione, da quando Il Mucchio era tornato ad essere un mensile dopo una difficile stagione in cui era stato settimanale. A ciò aveva fatto seguito anche un cambio di linea editoriale, che aveva visto ampiamente ridotto lo spazio dedicato alla musica a beneficio delle rubriche di politica e attualità, facendone un vero e proprio magazine multiculturale. Una delle conseguenze di tale linea era stato il trasferimento sul suo sito web di una delle rubriche più interessanti e costruttive: Fuori dal Mucchio, inserto dedicato al rock indipendente del nostro Paese. Una linea che, evidentemente, non è piaciuta a tutti i collaboratori. Ha commentato l’accaduto Federico Guglielmi, altra storica firma del giornale: “Conosco Max dal 1979 e gli sono riconoscente per avermi dato l'opportunità di diventare un professionista del settore, di gestire in totale autonomia ciò che mi veniva affidato, da articoli a interi giornali. I nostri rapporti non sono mai stati stretti a causa delle profonde diversità sulla visione del lavoro e della vita, ma se siamo stati capaci di collaborare per oltre trenta anni, superando problemi pesanti, vuol dire che esisteva un equilibrio. La sua uscita dal giornale era divenuta purtroppo inevitabile: quando tutta una squadra, nonché il presidente e i dirigenti della società, si trovano in disaccordo con l'allenatore, a lasciare è sempre quest'ultimo. Da molti anni Max delegava completamente ai responsabili dei vari settori i contenuti di almeno tre quarti della rivista, l'intero staff faceva già riferimento a Daniela Federico, che è stata a lungo direttore responsabile. Non ci saranno rivoluzioni né a livello di linea editoriale né di spirito, ma solo aggiustamenti di rotta. Il Mucchio è sempre stato il frutto del lavoro di un gruppo di persone, ripudiare questo lavoro significherebbe ripudiare noi stessi”.
A volte i cambiamenti, seppur dolorosi, sono necessari per (ri)trovare nuovi equilibri. Personalmente mi auguro che ne Il Mucchio la musica torni ad avere un ruolo preponderante come in passato, nutro parecchia stima per un giornalista come Federico Guglielmi e sono sicuro riuscirà a guidare questa transizione nel migliore dei modi. 

Collegamenti:


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domenica 8 maggio 2011

Live: Dark Waves Festival, 08 aprile 2011

I gotici si ritrovano nel cuore della Puglia.

Si sono ritrovati ad Acquaviva Delle Fonti (Bari) gli estimatori del rock oscuro per questa inedita kermesse sonora. Non a caso: la Puglia è ricca di fermenti musicali che spaziano dal folk al rock in tutte le sue declinazioni e gli  organizzatori sapevano che avrebbero trovato terreno fertile per un simile evento. Il progetto nasce dalla collaborazione tra il locale rock Oasi San Martino e l'associazione culturale Fonoarte, che hanno chiamato ad esibirsi sul palco tre tra i migliori gruppi new wave in circolazione: gli emergenti Karma In Auge e i veterani Stardom e Cadabra. Siamo giunti alla stazione di Bari intorno alle 16:00 e gli organizzatori del festival sono venuti gentilmente a prenderci. Arriviamo al locale mentre le bands stanno effettuando il sound check. Il palco è situato dentro un enorme capannone realizzato ad hoc, di cui uno dei quattro lati appartiene all'edificio
che è il ristorante collegato (o viceversa). Infatti vediamo dall'alto il palco pronto ad esplodere e le persone che cominciano ad affluire copiose mentre siamo comodamente seduti alla tavolata dei musicisti, che attingono forze prima del concerto dalle prelibate specialità pugliesi offerte dall'Oasi San Martino. Cena stimolante da tutti i punti di vista: alla nostra destra il presidente della Fonoarte spiega agli Stardom i complicati meccanismi SIAE; di fronte, con le spalle alla vetrata dell'ampia finestra, i Karma In Auge disquisiscono di paranormale, mentre alla nostra sinistra i Cadabra raccontano ad alcuni ospiti le loro imprese musicali sui palchi di mezza Italia. Alle ore 22:00  i gruppi vengono chiamati a prepararsi, il locale è costipato di gente (alla fine si conteranno quasi 300 presenze) e il festival parte con questa scaletta:  Karma In Auge, Cadabra, Stardom.

Karma In Auge
Gruppo emergente di Taranto su di cui si vocifera abbiano messo gli occhi sopra quelli dell'etichetta discografica Danze Moderne, molto attenta a questo tipo di sonorità. E la cosa non ci stupisce, sin dalle prime note del loro brano d'apertura: suono compatto, precisione tecnica, buona gestione scenica. Sono in tre, chitarra/voce, basso e batteria, cantano in italiano e il loro sound ricorda i Bauhaus di Mask, ma anche gli Interpol. Hanno inciso un mini cd autoprodotto dal titolo “Memorie disperse” e nella chiacchierata che abbiamo fatto dopo il concerto, ci hanno rivelato che sono già pronti otto pezzi nuovi che sperano di pubblicare al più  presto.
Cadabra
Sono i padroni di casa (vengono da Gioia Del Colle) e si capisce dalla calda accoglienza del pubblico, che canta i loro pezzi e urla i titoli delle canzoni. I Cadabra sono oramai uno dei gruppi più acclamati della scena new wave italiana cantata in inglese e si sono tolti un sacco di  soddisfazioni suonando in tutta Italia e condividendo il palco con artisti importanti quali Andy dei Bluvertigo, Diaframma e Marlene Kuntz. L'esibizione è funestata da alcuni problemi tecnici che affliggono la chitarra del leader, tuttavia è impossibile non essere coinvolti dai loro classici di sempre come Blooms, Sleeping, Love Boulevard e Heart. Micidiale la sezione ritmica, che risulterà la spina dorsale di tutto il concerto. Francesco Radicci, batterista e portavoce della band, ci racconta che a giugno i Cadabra pubblicheranno un album-raccolta con tutti i loro brani più celebri, inediti e rarità, che porterà il titolo di “Past To Present”.
Stardom
Direttamente dal “Soviet della moda”, cioè Milano, gli Stardom impressionano subito gli astanti  con un look anni '80: giacche scure e capelli sparati, mascara e rossetto. Sono gli ospiti d'onore della serata, reduci dallo straordinario successo del loro album d'esordio “Soviet della moda”, che ha saputo miscelare il vecchio sound new wave anni '80 con le nuove angosce dell'uomo moderno. Catalizzatore d'attenzione sicuramente il vocalist Riccardo Angiolani, che non si risparmia nella sua performance. Il bassista Oliver Pavicevic stupisce con il suo strumento (da lui costruito), attraversato nel manico da led luminosi, e con la sua straordinaria tecnica. Pulito e preciso il lavoro dei due chitarristi, il batterista è metronomico e sincronizzato con il sequencer. Suonano quasi tutto l'album, ma anche alcuni pezzi nuovi che dovrebbero finire sul prossimo disco, in fase di gestazione. Un gran gruppo, una grande performance.

Non finisce qui: ad allietare il dopo-concerto con il suo dj-set c'è Ivan Piepoli, frontman dei The Baby Screams, conosciuta tribute band dei The Cure, che non delude con le sue selezioni: The Cure (ovviamente), Joy Division, Siouxsie & The Banshees, Bauhaus, The Mission, Depeche Mode, Echo And The Bunnymen, New Order e via cantando. Terminate le danze a tarda ora, la gente lascia lentamente il locale, soddisfatta. C'è ancora tempo per una chiacchierata con i gruppi e per una birra, un saluto a Marco, titolare dell'Oasi San Martino, poi di nuovo in macchina verso Gioia Del Colle, dove i gentilissimi Cadabra ci hanno messo a disposizione un appartamento dove poter trascorrere la notte. Alle 10:00 del giorno dopo di nuovo in treno, con la consapevolezza di aver partecipato ad un grande evento, unico e, speriamo, “ripetibile”.


Collegamenti:
Cadabra su facebook


lunedì 2 maggio 2011

Last.fm: la radio del futuro

Tra una radio ed un social network, ridefinisce il concetto di “ascoltare la musica”.

Ricordate le radio generaliste degli anni ‘80/’90? Quanta robaccia dovevamo sorbirci prima di veder passare la nostra canzone preferita? E le stazioni che offrivano quella musica di nicchia che ci piaceva tanto? Puntualmente avevano la frequenza disturbata. Tutto ciò sembra preistoria di fronte alle meraviglie di questo portale di nome Last.fm.
Di cosa si tratta? Non credo di esagerare dicendo che di qui passa il futuro della radio e della musica in generale. Last.fm è una web community che mette a disposizione tutta una serie di strumenti che consentono di ascoltare la propria musica preferita, tener traccia dei propri gusti musicali tramite delle statistiche, approfondirli grazie ai consigli della radio stessa, conoscere utenti che hanno gusti simili, scambiare pareri, informazioni, emozioni. Antenato di Last.fm è Audioscrobbler, una comunità virtuale ideata da Richard Jones (detto “RJ”), uno studente di informatica presso l'università di Southampton, il cui scopo principale era annotare, attraverso un software, quali brani riproducevano gli utenti iscritti nei rispettivi computer, per poi creare delle classifiche e delle dinamiche collaborative. Nel 2002 nasceva Last.fm ad opera di Felix Miller, Martin Stiksel, Michael Breidenbruecker e Thomas Willomitzer, la cui idea era quella di coniugare il concetto di stazione radio su internet e quello di social network per appassionati di musica. Ben presto i team di Last.fm e quello di Audioscrobbler iniziarono a lavorare insieme e nel 2003 si trasferirono nello stesso ufficio di Whitechapel (Londra), tutte le funzioni di Audioscrobbler furono integrate nel portale di Last.fm fino alla definitiva fusione dei due siti nel 2005. Nel 2006 il portale è stato tradotto in varie lingue, tra cui l’italiano.

Andremo ora ad esaminare alcune caratteristiche peculiari di questo straordinario portale:
Radio - Digitando il nome di un artista, oppure inserendo un genere musicale o un tag, parte la radio, che ci farà ascoltare quell'artista/genere ed altri simili. Sarà passata la musica dei nostri artisti preferiti, ma anche di artisti a noi sconosciuti, affini al genere che abbiamo selezionato. Una funzione sicuramente interessante per scoprire nuovi gruppi. Quando viene riprodotto un brano, ci appariranno tutte le informazioni sulla band, i concerti in programma, la cover dell’album e anche dove poter acquistare i dischi. È possibile saltare alla traccia successiva, ma non è possibile tornare indietro. A seconda delle canzoni ascoltate, Last.fm propone una "radio su misura", che si può far partire a piacere e che manda in onda le canzoni dei gruppi più ascoltati dall'utente.
Statistiche – Lo “scrobbling” è la vera innovazione del portale, ossia un software che tiene traccia dei nostri ascolti stilando delle classifiche. Per eseguire lo scrobbling occorre scaricare un apposito programma, di circa 3 mega, installarlo e configurarlo. Ogni volta che si ascolta musica con Media Player, Winamp, iPod, ecc… vengono elencate tutte le canzoni che sono state riprodotte (di cui si possono riascoltare 30 secondi) e fatte delle statistiche molto interessanti: canzoni più ascoltate e artisti più ascoltati nell’ultima settimana o dall’inizio.
Community – In base alla vostra personalità musicale, individuata dall’audioscrobbler, Last.fm vi mostrerà degli utenti che hanno gusti simili ai vostri, con i quali potrete stringere amicizia e condividere i vostri generi musicali preferiti.
Gruppi - Gruppi di discussione su un determinato artista o argomento musicale.
Eventi – Questa sezione è sostanzialmente un calendario, dove poter inserire data e luogo di un concerto, arricchendolo poi con ulteriori note informative (prezzo del biglietto, prevendite, info sulla località, come raggiungerla, ecc…). Si può segnalare la propria partecipazione e magari sapere se altri utenti intendono partecipare, contattarli in privato (il portale prevede anche un sistema di messaggistica privata) e darsi appuntamento.
Tag – È possibile creare e gestire i tag (etichette), ossia delle parole chiave da assegnare agli artisti, che verranno accumunati dal genere musicale o da altre caratteristiche (ad esempio: cantato in italiano). In un secondo momento, selezionando quel determinato tag, ritroviamo l’elenco di artisti associato (playlist).
Diario – Un Journal/blog dove potete scrivere articoli su un artista o un album. Potete collegare anche i video di YouTube, direttamente importabili all'interno del vostro journal.

Last.fm è, a tutt’oggi, la prima e più importante WEB community musicale, più di una radio, più di un social network. Dalla sua nascita come radio online nel 2002 è sempre stato un servizio gratuito per tutti i suoi utenti, ma dal 24 marzo 2009 questo servizio è diventato accessibile solo a pagamento (tranne che in Germania, nel Regno Unito e negli USA), con una sottoscrizione di 3,00 euro al mese. Di certo una delusione per tutti i fans del portale, i quali, però, non hanno rinunciato alle meraviglie di questa prima “radio del futuro”.

Collegamenti:
Fonoarte su Radio Last.fm








domenica 3 aprile 2011

Interviste: Emanuele Lapiana dei N.A.N.O.

Metamorfosi di un fiore

C.O.D. è l’acronimo di “Crack Opening Displacement”, ossia il momento in cui un metallo in trazione passa dalla crepa alla rottura totale. C.O.D. è stato anche l’ultimo grande gruppo rock italiano degli anni ’90. Guidati da Emanuele Lapiana, autore sensibile e voce di questa straordinaria esperienza musicale, hanno esordito con “La velocità della luce” (1999), un disco che omaggiava Ian Curtis e i Marlene Kuntz, ma in realtà forgiava un linguaggio nuovo fatto di chitarre acustiche e distorte, sofisticati arrangiamenti elettronici, testi malinconici e profondi. Tutto è finito in un battito d’ali: traditi dalla Virgin, colpiti da crudeli scherzi del destino, hanno chiuso questa esperienza sulle note di “Preparativi per la fine” (2005), il secondo ed ultimo album. Oggi Emanuele si fa chiamare N.A.N.O. ed ha ancora molte cose da dire: l’album “Mondo madre” (2007) stempera il clima teso dei precedenti lavori a favore di un pop elettronico di pregevole fattura. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui ripercorrendo le tappe della sua avvincente e tormentata carriera musicale.



Il nome C.O.D. si afferma sul finire degli anni ’90 dopo una lunga gavetta sui palchi di manifestazioni per gruppi emergenti: mi racconti degli albori del gruppo, come vi siete conosciuti e quale musica vi ha influenzato?
Gli albori sono stati duri e con poche soddisfazioni. Molti cambi di formazione, pochi concerti. Ci siamo stabilizzati in una formazione a quattro, di persone che si volevano e tuttora si vogliono molto bene. Fare musica "indie" in italiano a quei tempi era una follia e le cover band, quelle che ora si chiamano tribute band, imperversavano. Poco spazio nei pub o sulle radio locali, eravamo troppo diversi. Ci piacevano i Cure, i R.E.M., gli Smiths, e la new wave più alternativa. Allora abbiamo cominciato a fare concorsi fuori dal Trentino perché era l'unico modo di uscire dalla sala prove, quindi sono arrivate le vittorie, i complimenti, e, a ruota, le case discografiche.

Poi avete firmato per la Virgin, come sono andate le cose?Dopo la vittoria a Ritmi Globali ed Enzimi (ora PIM) fummo contattati da tutte le major e le indie di peso del tempo; scegliemmo la Virgin perché pareva, a quel tempo, quella più giusta per noi: i CCCP, gli Ustmamò e molti nostri idoli come Bowie, Genesis, PJ Harvey, Placebo e Skunk Anansie incidevano per loro.

Come è nata la collaborazione con Luca Rossi degli Ustmamò, responsabile della produzione del vostro primo album? 
Era in giuria a Ritmi Globali e restammo in contatto, ci piacque la sua "montanarità"; non era uno della "macchina" milanese, ma uno come noi, in più incideva per la nostra stessa casa discografica.

“La velocità della luce”, a mio avviso, è un disco che è riuscito ad avere un sound proprio, senza particolari riferimenti ad artisti o scene musicali già esistenti. A distanza di tanti anni, cosa provi pensando a quel disco? Non credi, come me, che abbia raccolto meno di quanto meritasse?
Senz'altro, ma ha avuto comunque le sue possibilità. Siamo stati un po' sfortunati, senza dubbio, ma forse non eravamo abbastanza maturi e pronti per quel mondo. Ci è sicuramente mancata una figura di riferimento manageriale e siamo stati attenti solo ad alcuni aspetti del lavoro, trascurandone altri. Concordo con quanto affermi sul sound.

La prima volta che vi ho ascoltati è stato grazie al video di “Fiore”, trasmesso da MTV, un singolo molto coinvolgente, che mi ha preso subito, uno dei migliori pezzi di rock italiano di sempre. Ma che fine ha fatto quel video? Non si trova nemmeno su YouTube…
Grazie, sei troppo gentile. Mi hanno appena fatto avere delle copie digitali dei video di "Fiore" e "Polaroid", penso che le pubblicheremo presto su YouTube.

Al primo album ha fatto seguito un lungo periodo di stasi, mi racconti cosa è successo? Quanto quella crisi è stata causata da contrasti con la Virgin e quanto da problemi personali all’interno del gruppo?
Direi entrambe le cose. Alla Virgin c'è stato un cambio di dirigenti e i nuovi arrivati non sono stati così ben disposti nei nostri confronti come i precedenti. Inoltre ci siamo ritrovati a gestire una passione che era diventata professione e la cosa non ci piaceva così tanto, tutto sommato. Tanti altri piccoli motivi, inoltre, ci hanno spinto lontano dalla musica per qualche anno.

“Preparativi per la fine”, secondo album, già dal titolo nasce come pietra tombale su questa esperienza, eppure i riscontri sono stati ottimi e c’erano le premesse per andare avanti. Erano proprio finiti i C.O.D.?
Per me è stato necessario. Fondamentalmente non sono mai riuscito ad accettare i nuovi membri della band come tali e ho fatto loro del male. Non riuscivo a dare loro lo spazio che meritavano, sebbene fossero degli eccellenti musicisti, perché, in fin dei conti, continuavo ad immaginare di suonare sempre con i miei amici dell’inizio. Anche questa è una mancanza di professionalità, se vogliamo, ma per me i cod sono una cosa sacra, per questo ho scelto di non andare avanti, anche se, di fatto, avrei potuto farlo con la nuova formazione.

A questo punto hai deciso di proseguire come N.A.N.O.: perché un altro acronimo anziché presentarti come Emanuele Lapiana?
Non lo so, forse perché nome e cognome mi danno l'idea di un cantautore e non credo che la mia musica sia strettamente cantautorale. Dietro alla sigla c'è comunque sempre un gruppo di persone, non solo io. La differenza con la band tradizionale è che persone diverse, in modi e tempi diversi, partecipano al processo di creazione e realizzazione delle canzoni e questo mi piace moltissimo. Sto imparando moltissimo da tutte le persone con cui ho avuto la fortuna di collaborare.

Parlami di “Mondo madre”: come è cambiato, dal tuo punto di vista, il linguaggio musicale rispetto all’esperienza C.O.D.?
Posso dirti che sicuramente è cambiato... mi diverto a fare cose nuove, non ho paura di cambiare, cerco sempre uno scatto, un miglioramento nella scrittura musicale e in quella dei testi, cercando di rispettare quello che sono e quello che voglio dire in quel momento. Mi farebbe enorme tristezza esprimermi e pensare allo stesso modo di dieci anni fa, io sono cambiato, c'è poco da fare. Poi il computer ha aperto degli orizzonti incredibili alla scrittura musicale, ti rendi conto che quelle canzoni sono nate in stanze d'albergo e sale d'aspetto, con arrangiamenti e tutto il resto. A me pare incredibile…

La musica ruvida e i testi malinconici dei C.O.D., il pop elettronico e l’ironia di N.A.N.O., ma com’è caratterialmente Emanuele Lapiana?
Io sono un tipo normale. È il pazzo che c'è dentro me che mi tormenta e mi fa suonare, provare, scrivere. Il prossimo disco sta uscendo molto diverso da tutto ciò che ho fatto finora, meno elettronica, atmosfere decisamente meno pop.

So che stimi molto come autore Federico Fiumani dei Diaframma, lui ha ricambiato chiamandoti a partecipare alla raccolta/tributo “Il dono”…
Di più. Canterà un brano intero del mio prossimo album. Yeah! Federico è un poeta ed una cara persona, le sue canzoni sono state molto importanti nella mia formazione umana e compositiva, lo stimo molto. La sua presenza sul mio disco mi ha fatto molto piacere, ed è stato un gesto di riconoscimento da parte sua che ho molto apprezzato.

In un verso di “Canzone di cemento armato” dici “L’industria discografica italiana è allo sbando ed io non sono affatto giù”. Cosa pensi dell’attuale ”industria discografica italiana”? Quali prospettive vedi per il futuro della musica indipendente?
Dell'industria discografica italiana penso che sia un'industria di serie B, poche realtà si salvano da questa desolazione. Purtroppo in Italia la musica è considerata una scelta da sciocchi, da persone poco concrete, un po' “da strani”; la realtà è che l’arte e l'entertainment in generale sono un'industria con un potenziale enorme, ma da noi la professionalità è di basso livello, purtroppo. I talent scout sono alla ricerca della Lady Gaga italiana o dei cloni di qualche artista affermato piuttosto che di un'artista con un perché ed un'originalità propria, dimentichi del fatto che sono i grandi artisti quelli che fanno la differenza nel lungo periodo. La gente è sempre affamata di grandi canzoni, grandi film e grandi libri.

La tecnologia ha rivoluzionato il mondo della musica: i supporti fisici stanno morendo e le canzoni viaggiano gratuitamente da un computer all'altro in formato mp3. Pensi che la cosa abbia giovato o no agli artisti e alla musica in generale?
Sì, decisamente. Gli artisti ne hanno tratto giovamento come minimo e i fans anche, questa facilità nel rapporto è stupenda e ne godo praticamente ogni giorno, con corrispondenze via mail, commenti sui social network, eccetera… L'unica cosa che non mi piace è l'idea oramai diffusa che la musica debba essere gratuita. Questa è una scemenza. Sarebbe giusto che la gente si (ri)abituasse a pensare che dietro ad una canzone c'è un lavoro, un impegno, una professionalità e che queste andrebbero riconosciute, così come si paga per un quadro, una stampa, una fotografia. Mi piacerebbe che la gente scaricasse gratuitamente, ma che se ascolta e gode di un brano, andasse sul sito dell'artista e gli comprasse il brano, o gli facesse una donazione, per permettere a questo artista di scrivere altre canzoni, invece che costringerlo a fare altri lavori per sbarcare il lunario. Invece oggi, purtroppo, sono tutti convinti che la musica nasca da sé, come per incanto. Una grande colpa in questo l’hanno gli artisti, che troppo spesso, a mio modo di vedere, giustificano comportamenti di fatto illegali e svendono il proprio lavoro per la necessità di apparire, di "esserci".

Cosa c’è nel futuro di Emanuele Lapiana? Ancora N.A.N.O. o qualcosa di completamente nuovo?
Il progetto N.A.N.O. prosegue, si allarga, si evolve. Nell'ultimo anno e mezzo sono stati in studio con me musicisti ed ospiti eccellenti, voci stupende e tecnici bravissimi… insomma persone speciali, ognuna con le sue caratteristiche umane e professionali. È stato molto bello e costruttivo, abbiamo inciso 21 canzoni e da queste ne abbiamo scelte 12 per il prossimo disco di N.A.N.O. Sto cercando di capire in questi giorni quando e come uscirà.