giovedì 25 febbraio 2010

Interviste: Gianni Donnigio Donvito, regista

L’uomo che vestiva il suono d’immagini

Il nuovo videoclip dei Cadabra, il brano “Other Side” (tratto dall’ultimo album “Wave/Action”), ci ha fatto conoscere un personaggio molto interessante, un artista delle immagini, il regista Gianni Donnigio Donvito della Ateneriena Productions. Sperimentatore, ha utilizzato una tecnica innovativa nella quale i tre Cadabra sono rappresentati da altrettanti “pupazzetti”, mossi con maestria all’interno di un video di una qualità che non si vedeva da tempo nel mondo indipendente (e non solo indipendente, purtroppo). Abbiamo colto al volo l’occasione per intervistarlo e parlare delle sue tecniche, ma anche del mondo dei videoclip in generale.

Parlaci del video “Other Side” dei Cadabra, come è nata l’idea di sostituire i membri del gruppo con dei “pupazzetti” a loro immagine e somiglianza?
I Cadabra sono facili da modellare. Prendi ad esempio Sebiano: qualcuno sostiene che l’originale sia quello in pongo e stoffa e quello che si agita sul palco sia una copia del mio. Francesco e Vincenzo poi hanno lo stesso taglio di capelli da anni… più facile di così!
Cercavo da tempo l’occasione di realizzare un videoclip sporco e cattivo, in bianco e nero, e soprattutto qualcuno che mi desse carta bianca su tutto per potermi divertire senza alcun limite. Ho deciso che l’avrei fatto con “Other Side” dopo il primo ascolto. Ma ti assicuro che è tutto il contrario dell’idea iniziale, di cui ho conservato solo il ragno che Vincenzo porta a spasso al mattino e la piccola “Other G”, la mia versione dark di una groupie. Sarà per la prossima volta!

Parlaci della tecnica che hai usato e in quanto tempo sei riuscito a realizzate il tutto?
La stop motion (o passo uno) mi appassiona da sempre. L’idea di poter realizzare tutto in una stanza, senza i limiti e i compromessi di una troupe, è la mia dimensione. Inoltre mi piace giocare, è una cosa che non ho mai smesso di fare. Costruire i pupazzi e i loro ambienti, illuminarli e animarli è appagante. Per questo video ho impiegato il tempo record di tre settimane in “full immersion” più una settimana per il montaggio. Ma se avessi potuto, ci avrei lavorato anche qualche mese, aumentando il numero dei fotogrammi al secondo, lavorando maggiormente sulla fotografia, sviluppando un intreccio narrativo più delineato e tanto altro.

Quali attrezzature utilizzi per le riprese e il montaggio?
Gli attrezzi sono più o meno gli stessi che utilizzo per i video “normali”, ma in dimensioni ridotte e con l’ausilio di continui sotterfugi artigianali. Realizzo un piccolo set casalingo, dispongo le luci, piazzo una delle mie due videocamere mini dv ben salda sul suo cavalletto, metto in posizione i pupazzetti in pongo e passo le ore e fotografarne i movimenti e a cambiare le scenografie. Per montare il tutto, il fedele Final Cut.

Qual è il tuo concetto di “effetto” applicato alle immagini?
Il miglior effetto per me è quello creato artigianalmente. Mi piace filtrare e trasformare la realtà prima che arrivi sulla timeline del software di montaggio, creando effetti visivi per tentativi ed esperimenti “sul campo”. Insomma, preferisco giocare in produzione e non in post produzione. Ma non ne faccio una regola, perché è l’obiettivo finale quello che conta. E se in futuro ciò che avrò in mente non mi sarà possibile ottenerlo con mezzi esterni, ricorrerò sicuramente a successive manipolazioni.

La musica e il cinema, due arti che si fondono nel videoclip musicale. Che qualità deve avere un regista, secondo te, per saper creare un mini-film con in mano solo una colonna sonora di tre minuti?
Mi viene subito da risponderti “il dono della sintesi”. Sin da piccolo sono stato un gran fruitore di videoclip, facendo una distinzione tra quelli che raccontano una storia, a prescindere dalla canzone, e quelli che invece accostano immagini al ritmo della musica, gran parte delle volte con i musicisti in primo piano che suonano o fanno finta. Io prediligo i primi, quelli che non hanno niente da invidiare ad un cortometraggio. I secondi, la maggioranza, sono lavori di montaggio, che se ben realizzati, possono rivelarsi un valore aggiunto alla musica e niente di più. Che qualità quindi deve avere un regista di videoclip? Nel primo caso deve avere delle idee e trovare il miglior modo per realizzarle, dargli un senso compiuto in 3-4 minuti. Poi un po’ di competenza e conoscenza del linguaggio cinematografico e delle sue regole, che non guasta mai… e la curiosità del fruitore accanito.

Ho ammirato molto i lavori del regista Tim Pope, negli anni’80 ha avuto idee veramente innovative (Soft Cell, David Bowie, The Cure), puoi farci qualche nome di registi dei nostri anni che possiamo definire “maestri nel genere”?
Il primo che mi viene in mente è Michel Gondry, il mio preferito. Molti dei video più belli e originali degli ultimi quindici anni sono i suoi. Anton Corbijn è un altro bel nome, anche se i due hanno uno stile molto differente. In particolare ultimamente apprezzo i lavori Floria Sigismondi che fa spesso uso della stop motion. In Italia penso a Virgilio Villoresi, Erica Il Cane, i Manetti Bross…

A mio giudizio, i videoclip degli anni ’80 sono stati il “top” per la qualità sia delle produzioni sia delle idee… mi vengono in mente gruppi come The Cure, Depeche Mode, Duran Duran, Ultravox e New Order, hanno avuto dei video straordinari, ma di esempi se ne potrebbero fare a decine. Poi molto si è perso nel decennio successivo e ancora oggi non si trovano videoclip veramente creativi, basta sintonizzarsi un pomeriggio su MTV. Cosa è successo secondo te? Perché oggi, nonostante l’abbondanza di mezzi come telecamere digitali e computers, non si riesce più a trovare la qualità dei video degli anni ’80?
Gli ‘80 sono stati anni di grandi sperimentazioni, anni in cui tutto era nuovo e possibile. Si investiva molto sul videoclip e questo ha permesso la realizzazione di capolavori senza tempo. Se oggi è difficile trovare un buon video, gran parte della colpa è da ricercarsi forse nella crisi del disco e nel ruolo che il videoclip ha sempre avuto quale suo mezzo di promozione. Crisi del disco significa nessun investimento sul video. Dobbiamo quindi dimenticare quei tempi, archiviarli.

Finiti gli anni ’80, c’è stato un calo d’interesse per i videoclip dicevamo, in Italia le reti televisive hanno smesso di trasmetterli, alcuni programmi storici, come “DJ Television” di Canale 5, hanno chiuso i battenti. Oggi, con l’avvento di YouTube, i gruppi hanno ritrovato l’interesse a realizzare i propri videoclip, anche in modo artigianale, genuino e forse più artistico: internet può essere il mezzo giusto per rilanciare quest’arte un po’ trascurata?
È vero, la buona musica e i buoni videoclip ci sono ancora, ma non su MTV, bensì nel web, il luogo dove ormai i giovani cercano stimoli. I programmi televisivi sono sempre più nelle mani di pochi, che arraffano gli ultimi guadagni prima del tracollo. Passo interi pomeriggi a navigare in YouTube, dove ascolto ancora buona musica e scopro dei bei videoclip. Probabilmente siamo lontani dai “capolavori del passato”, ma si sperimenta e c’è ancora del fermento in giro, per fortuna. YouTube, come per tutto ciò che è innovazione, ha i suoi pro e i suoi contro. Limitandoci ad elencarne i pregi, il web permette a tutti di diventare protagonisti, di capovolgere le regole del gioco e in molti casi di realizzare cose che fino a qualche anno fa erano circoscritte solo a poche realtà produttive. Credo anche che il livello artistico/creativo dei video in alcuni casi sia cresciuto, proprio in funzione del fatto che spesso vengono concepiti come opere a se stanti, prive della funzione meramente promozionale. Per cui sì, il web ha conferito nuova vitalità al videoclip in quanto opera d’arte ed è l’unico mezzo che lo possa rilanciare. Il vero vantaggio oggi è che non c’è più nessuno che si arroga il diritto di giudicare se l’artista sia o meno meritevole di esistere. Oggi l’artista si promuove da solo o con l’ausilio di piccole realtà di produzione, fa del suo meglio e qualche volta riesce anche ad emergere, senza l’approvazione di ingranaggi del marketing. Non è un gran periodo per la musica (come per tutti gli altri settori), ma non credo affatto che qualche anno fa le cose andassero tanto meglio.

Spesso delle società di produzione video offrono ai gruppi emergenti i loro servizi “professionali”, poi assistiamo a videoclip scadenti, pieni di effetti da filmino matrimoniale a confondere la scarsa qualità delle attrezzature utilizzate. Che cosa consiglieresti a un gruppo indipendente che volesse realizzare il suo primo videoclip? A chi bisogna rivolgersi e quale budget occorrerebbe, secondo te, per un lavoro di una qualità che possa meritare anche un passaggio televisivo importante (leggi MTV)?
Un tempo non troppo lontano, il disco aveva un suo mercato e il videoclip era uno dei mezzi promozionali più efficienti. Per cui, si investiva sul clip e il tutto aveva un senso, anche perché l’investimento lo faceva quasi esclusivamente la casa discografica.
Le cose in poco tempo sono cambiate. I dischi non si vendono più, a parte qualche grosso nome internazionale, e il videoclip ha cambiato ragione sociale. Il musicista oggi, per vivere della sua musica, deve suonare il più possibile dal vivo. I video migliori oggi viaggiano sul web grazie anche ai bassi budget e alla totale autonomia d’azione, che li rende estremamente creativi. Le varie emittenti televisive continuano a fare gli interessi delle poche “grandi”, propinandoci le solite musichette. In un periodo come questo, di transizione e di crisi del settore, credo che la cosa importante (dato che parliamo di musica) sia ancora e sempre investire nella realizzazione di buoni dischi di qualità, ben registrati, che suonino in alta fedeltà e non siano destinati solo ad uscir fuori nei formati compressi, da ascoltare negli i-pod e alle casse del PC. Che sia di “qualità” o meno, il video entra nei grossi circuiti solo se supportato da “poteri alti”. Ci sono moltissimi bei videoclip in circolazione, realizzati con poco denaro e molte idee, puntiamo su quelli e stiamo a vedere che direzione prenderà la musica nei prossimi anni.

Il videoclip, come giustamente dicevi, è stato da sempre considerato come “un mezzo promozionale” e mi pare sia una visione veramente riduttiva del ruolo del video nella musica, concordi con me? Perché si stenta ancora a considerare i videoclip musicali come delle vere e proprie “opere d’arte”?
Il videoclip nasce con l’obiettivo di promuovere una canzone, ma non è solo questo e sono d’accordo con te, è sempre stata un’etichetta riduttiva. E forse oggi, grazie alla crisi del disco, sta perdendo sempre più quella sua funzione promozionale, acquistando una più definita autonomia artistica. E ripeto, nel web c’è davvero molto fermento. Il fatto che raramente il videoclip porti la firma di chi lo ha realizzato è un chiaro segno della funzione che gli è stata delegata negli anni. Il clip è quasi sempre accompagnato solo dal titolo della canzone e dal nome del gruppo o del singolo autore. Sono rari gli esempi di programmi musicali che ne citano i registi. Il web anche in questo caso è stato prezioso. Oggi spessissimo le note riportano il nome dell’autore del video e a volte addirittura l’intera troupe, il che consente a gente curiosa come me di fare delle ricerche e delle scoperte edificanti. Ma viviamo in un mondo in cui le regole di mercato tagliano i titoli di coda ai film in tv, dopo averli massacrati con gli spot… di che cosa ci meravigliamo?


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