martedì 26 gennaio 2010

Interviste: Santa Sangre

Il rock d’autore e il sogno americano

All’inizio c’erano i Carnival Of Fools, gruppo seminale dell’underground italiano, attivo tra la fine degli ’80 e i primi anni ’90. Poi la scissione: da un lato i La Crus, subito alla ribalta delle cronache musicali italiane, dall’altro i Santa Sangre, più vicini allo spirito della creatura originaria. “Ogni città avrà il tuo nome” (1997) è il disco d’esordio, pubblicato dal CPI e premiato da Il Mucchio Selvaggio come miglior disco d'esordio dell'anno, undici perle di autentico rock d'autore, intrise di strazianti sentimenti e di atmosfere ipnotiche imbevute di alcool e di “americanità”. La fine del CPI e la crisi della musica indipendente hanno portato ad un lungo periodo di riflessione, interrotto nel 2004 dalla pubblicazione dell’album “La pelle muta” e la decisione di abbandonare certe sonorità americane del primo disco, dividendo la critica. Nel 2008 due loro pezzi inediti appaiono sulla cd compilation “Danze Moderne vol. 1”, un flebile segnale che i Santa Sangre ci sono, hanno ancora qualcosa da dire e non rinnegano più il loro passato da cowboy. Abbiamo incontrato Luca Talamazzi, voce e chitarra della band, con cui abbiamo fatto un’interessante chiacchierata su passato, presente e futuro dei Santa Sangre.

Partiamo dalle origini: Carnival Of Fools, gruppo seminale della fine degli anni ’80, amato dai Bad Seeds di Nick Cave e che riusciva ad unire nel suo sound i Joy Division e il blues, un progetto che ha visto coinvolti i futuri Santa Sangre con Mauro Ermanno “Joe” Giovanardi, futuro La Crus, e, in varie vesti, Manuel Agnelli (Afterhours) con Paolo Mauri (uno dei tecnici del suono più influenti dei ’90, ex Weimar Gesang ed ex Afterhours). Com’era l’ambiente milanese in quel periodo fertile e quale musica ha ispirato la nascita di un gruppo così importante come i Carnival Of Fools?
Ricordo di quegli anni un clima di grande fermento musicale, un ambiente caotico e creativo formato di tante giovani band che si aggregavano e mescolavano in numerosi progetti paralleli, di piccole etichette indipendenti (una in particolare la VoxPop) molto attive e attente, sempre alla ricerca di nuovi talenti da tirare fuori dal mucchio. L'ispirazione musicale per quanto riguarda i Carnival Of Fools invece attingeva a piene mani dalla musica australiana e americana, Nick Cave, Crime And City..., Beasts Of Bourbon, Hugo Race ma anche Elvis, J. Lee Hooker, il blues del delta, ecc...

Nel 1994 Joe lascia i Carnival Of Fools per fondare i La Crus. Come hanno vissuto i superstiti quella rottura e come è nata l’idea di proseguire come Santa Sangre?
Serenamente e senza traumi. Era chiaro che Joe aveva voglia di sperimentare altre strade, in particolare era attratto dalla canzone d'autore e con i La Crus credo abbia avuto questa opportunità. Ci fu lasciata la libertà di decidere se procedere ancora come Carnival Of Fools, ma a quel punto non avrebbe avuto senso. Abbiamo fondato i Santa Sangre.

Cosa c’è dietro la vostra decisione di abbracciare il cantato in italiano?
Due cose semplici: nessuno di noi padroneggiava bene l'inglese e poi era il prezzo per cercare un contratto discografico. In quel periodo, anche giustamente secondo me, si puntava molto sulla lingua italiana per i nuovi gruppi. Molti gruppi storicamente legati all'inglese passarono all'italiano in quel periodo.

Nel 1995 c’è la vostra prima apparizione sulla compilation "Soniche Avventure" con il pezzo "Mare crudele", cui ha fatto seguito l’album “Ogni città avrà il tuo nome”, prodotto nel 1997 dal CPI-Sonica, che si è aggiudicato il titolo di disco dell’anno da parte della prestigiosa rivista Il Mucchio Selvaggio. Un capolavoro di undici brani: Jodorowsky, Morricone, i western di Sergio Leone, gli anni ’60… qual è stata la genesi di quest’ album? Che cosa volevate esprimere con quel sound e con quei testi?
In quel disco c'era un po' l'immaginario che ci portavamo dentro in quegli anni, ed era molto cinematografico. Anche i testi venivano prodotti per “immagini” e ruotavano attorno alla figura certo non originalissima ma molto americana del looser, che apprezzavamo in modo particolare. Musicalmente eravamo affascinati da questi suoni sporchi ma piccoli, dilatati e traballanti, l'intenzione era di lavorare molto sugli sfondi rendendoli cupi, sfocati, indistinti. Le melodie così venivano evidenziate nella loro semplicità, però, credo di poterlo dire, senza mai essere banali. Erano anni in cui il modello culturale premiava “l'ottimismo” e la parola più utilizzata era “vincente”. Noi sapevamo di essere dei “perdenti”, l’avevamo scritto in faccia. E poi siamo sempre stati un gruppo di pessimisti. Una volta Mox diede una grande definizione di noi. “C’è chi si siede al tavolo giusto nel momento giusto, chi al tavolo sbagliato nel momento sbagliato. Noi a quello giusto nel momento sbagliato”. Si può essere più perdenti di così?

Perché una cover strumentale di “24.000 Baci” di Adriano Celentano?
Quel riferimento è anch'esso cinematografico e rivolto a Kusturica con il suo “Ti ricordi di Dolly Bell?”. La nostra “24.000 baci” suonava come l'avrebbe suonata un gruppo di Tirana con la testa alla musica surf...

La critica, facendo un paragone con i La Crus, vi ha subito definiti come i veri eredi dello spirito dei Carnival Of Fools, quanto sei d’accordo con questa affermazione?
Abbastanza d'accordo, anche perché Maurizio ed io abbiamo firmato in pratica tutta l'ultima produzione dei Carnival Of Fools, diciamo tutto il terzo disco. Anche se Joe non lo ammetterà mai, nell'ultima produzione Carnival Of Fools c'era tanta, tantissima farina del nostro sacco. È naturale quindi che il primo disco dei Santa Sangre abbia portato con sé parte di quella esperienza.

I ’90 sono stati anni floridi per il rock alternativo italiano, il CPI in particolare ha prodotto dischi e gruppi di altissimo spessore artistico. L’inizio del nuovo millennio, invece, ha segnato la fine del CPI e la crisi della musica indipendente. Anche i Santa Sangre, sebbene autori di uno straordinario disco d’esordio, hanno rallentato il passo fino a far perdere le proprie tracce: in che misura questo rallentamento è stato causato da problemi personali e quanto, invece, è stato influenzato da questa crisi generale della musica italiana?
La crisi generale della musica italiana ha contribuito certo a rendere le cose più difficili per tutti, soprattutto per le piccole band, e le situazioni personali in questo caso contano parecchio. La realtà è che a un certo punto ti si pone la questione inevitabile del dover decidere quanto e come vuoi giocarti la carta della musica in relazione alla tua vita. Personalmente non so se avrei avuto la stoffa del musicista. Sono pigro, odio spostarmi, sono timido e salgo malvolentieri sul palco. Maurizio è più portato di me per questo modo di vivere “on the road”. Però non è solo questione di pigrizia, almeno da parte mia, c'è un problema d’inadeguatezza. Quando sentiamo le interviste rilasciate dai musicisti che abbiamo conosciuto personalmente, ci chiediamo “ma sono veramente loro o si tratta di una controfigura”? Voglio dire che, come in tutti i mestieri, c'è sempre molta posa da sostenere di fronte al “pubblico” e davanti alla stampa. Ergo bisogna esserci tagliati per fare questo lavoro.

A sette anni dal vostro debutto esce il secondo album, “La pelle muta” (2004) per la Desvelos. Dei Santa Sangre originali siete rimasti tu e Maurizio Raspante. Una vostra dichiarazione mi ha profondamente colpito: “Eravamo stanchi di riprodurre un immaginario così lontano dalla nostra condizione di vita. È duro fare i cowboy quando passi metà della tua giornata in coda sulla statale Milano-Como”, frase che forse dà il senso di come siano cambiate le cose dal primo al secondo album. Vuoi parlarmi di com’è nato questo disco e quali sono le differenze sostanziali con “Ogni città avrà il tuo nome”, sia per quanto riguarda la musica che i testi?
Ecco, diciamo che in quel disco si manifesta il “disagio”. Parlo volentieri di quel disco e lo faccio senza nascondere che per noi è stato un passo falso, anche se continuiamo a difendere quel lavoro perché sincero. Sapevamo che era esattamente contrario a quanto ci si sarebbe atteso dai Santa Sangre, ma era quello che onestamente si era prodotto a cavallo del traumatico divorzio dal CPI. Un po’ come la storiella dello scorpione e della rana. Sapevamo che saremmo affogati, ma abbiamo punto lo stesso...

Per “La pelle muta” avete rinunciato alla mega-produzione e avete registrato quasi tutto nella cantina di Maurizio. Fare di necessità virtù alla faccia chi investe cifre importanti in dischi privi cuore e di anima o mi sbaglio?
Un po’ è la mancanza di risorse che ti spinge a fare lavori casalinghi, lo ammetto, però secondo me qui ci sarebbe da fare un altro discorso alla base. Tutta la questione del mercato è da rivedere. Tanto per cominciare io non sostengo alcuna forma di copyright sulla musica. Soprattutto in un periodo storico come questo, dove la musica è ormai una elaborazione collettiva e sociale, dove è impossibile separare l'idea originale dell'artista dal rumore di fondo. Il concetto stesso di artista è secondo me labile. Insomma io sono per una fruizione libera di tutta la musica. Per produrre dischi le case discografiche spendono una fraccata di soldi in megaproduzioni e per difendere l'investimento cercano di disciplinare la distribuzione della musica invadendo pesantemente la sfera dei diritti delle persone. Accettare che il business sia sempre alla base di tutto come un dato di fatto indiscutibile secondo me è sbagliato. Io sono per l'autoproduzione generalizzata. Perché, come dici tu, nella musica una volta che c'è il cuore, c'è tutto ciò di cui hai bisogno.

Nel 2008 partecipate a sorpresa alla cd compilation “Danze Moderne vol. 1” con due brani inediti. Quando ho letto il vostro nome sulla scaletta, ho chiesto a quelli di Danze Moderne “Ma sono i Santa Sangre veri?”, avendo perso oramai ogni speranza di rivedervi in pista. La seconda sorpresa è stata trovare sul disco canzoni che andavano a recuperare il sound degli esordi unito alla produzione scarna de “La pelle muta”. Parlami della genesi di questi due pezzi e dimmi in quale direzione, secondo te, sta andando il sound dei Santa Sangre.
Quando ci hanno chiesto un paio di brani per la compilation, abbiamo volentieri ripescato due canzoni scritte in tempi diversi, come tu hai rilevato. Un po’ perché era bello essere di nuovo ricercati per aderire ad un progetto, un po’ perché avevamo conosciuto Carlo Furii durante il tour di “Ogni città avrà il tuo nome” e ne conservavamo un bellissimo ricordo. Non sappiamo dove stia andando il sound dei Santa Sangre, neppure se registreremo più qualcosa come Santa Sangre. Chi lo sa? In fondo l'unico vero vantaggio del suonare senza farne una professione è che, nel tempo che gli puoi dedicare, la musica è totalmente libera da qualsiasi pressione o calcolo. Nessuno si aspetta niente da te, e questa è la condizione di libertà assoluta ed ideale per tutti i musicisti.

Voglio fare questa riflessione con te e mi riaggancio alla vostra frase “È duro fare i cowboy quando passi metà della tua giornata in coda sulla statale Milano-Como”: l’elezione di Obama alla presidenza degli USA ha dimostrato che il sogno americano è ancora vivo, oggi tutti noi guardiamo con più fiducia al futuro del mondo intero grazie all’America. Parallelamente in Italia, dove negli anni ’90 non si temevano paragoni con i fratelli d’oltreoceano, ci siamo trovati con un patrimonio di gruppi e di idee spazzato via da una recessione culturale ben orchestrata dall’alto, unita ad una classe politica sempre uguale e sempre più lontana dalla gente. Il naufragio del “sogno italiano” vi rende più liberi di sentirvi “cowboy” e di guardare all’America come a una fonte d’ispirazione ancora viva per quanto riguarda il suono dei Santa Sangre?
Mi piace questa riflessione perché coglie un punto importante: le cose migliori nascono sempre in condizioni difficili. Siamo stati depressi in tutti questi anni (il paragone della Milano Meda era assolutamente autentico) perché ormai incapaci di produrre ironia sul nostro esistente e un po' “La pelle muta” risente anche di questa cosa. Ora, paradossalmente, la situazione torna ad essere più interessante perché in grado di evolvere, di mutare. La crisi del modello culturale oltre che sociale obbliga ognuno a rivedere i conti con la realtà delle cose, crolla il castello delle finzioni e delle illusioni e torni ad essere come nudo. E l'ironia torna a giocare un ruolo determinante nelle nostre vite. Il naufragio del sogno italiano apre a tutti nuove autentiche possibilità creative.

I Santa Sangre e la tecnologia: avete vissuto l’epopea del vinile con i Carnival Of Fools, avete prodotto due album in compact disc negli anni successivi, oggi la musica corre sul WEB in formato mp3: c’è iTunes, lo streaming e il peer to peer. Come vivete tutte queste trasformazioni? Riuscite a stare al passo con i tempi?
Quando passo a trovare i miei, do un'occhiata alla mia vecchia striminzita collezione di dischi. Non posseggo nemmeno più un giradischi da anni e la mia unica fonte musicale è oramai la rete. Queste trasformazioni tecnologiche sono per me una vera e propria benedizione e spero che i giovani musicisti trovino il coraggio di arrivare direttamente al pubblico senza passare le forche caudine delle case discografiche. Così, mentre auguro con tutto il cuore alle major di chiudere entro breve, spero che le piccole etichette sopravvivano ed aiutino le giovani band a promuovere il loro lavoro. Questo secondo me sarà il vero ruolo delle indy nei prossimi anni. Promozione, know how, relazioni, contatti per le nuove band. Passione e competenze. Il resto si farà con il supporto della rete.

Cosa c’è nel futuro dei Santa Sangre? Quanto è concreta la possibilità di vedervi nuovamente in pista con un nuovo disco e nuovi concerti?
Stiamo lavorando attorno ad un gruzzolo di nuovi brani. Ovviamente con i nostri tempi e senza pressioni di sorta, per cui non posso indicare date su uscite discografiche o live, però, come ti accennavo prima, questa è una meravigliosa sensazione di libertà che dovrebbe sempre valere per tutti i musicisti, dovrebbe essere il punto di partenza per chiunque ami veramente la musica.


Santa Sangre
Luca Talamazzi: voce/chitarra
Maurizio Raspante: basso/elettronica

Discografia
Danze Moderne vol. 1 (cd compilation, 2008, Danze Moderne)
La pelle muta (cd, 2004, Desvelos)
Ogni città avrà il tuo nome (cd, 1997, CPI)
Soniche Avventure (cd compilation, 1995, Fridge Records)

Collegamenti:
http://saint_soulpice.tripod.com/band.html

Collegamenti interni:
http://fonoarteblog.blogspot.com/2009/09/dischi-aavv-danze-moderne-vol-1.html


Ascolta gratuitamente il brano "Il corpo solo" sulla pagina MySpace di Danze Moderne

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martedì 19 gennaio 2010

NEWS - Cadabra: nuovo video, nuovo blog e nuovo album

Il nuovo disco sarà una raccolta di tutti i lavori pre-Wave/Action

È diventato “Other Side”, brano tratto dall’ultimo album Wave/Action, il nuovo videclip dei Cadabra. Si tratta di un film d’animazione realizzato dal regista Gianni Donnigio Donvito, sfruttando delle tecniche innovative di cui è maestro. Il video sarà diffuso attraverso i canali televisivi indipendenti e sul WEB (YouTube) a partire da febbraio.
Inoltre, vista la necessità di informare quotidianamente i fans sulle proprie attività, i Cadabra hanno aperto un blog ufficiale che troverete all’indirizzo http://cadabra-blog.blogspot.com/
Francesco Radicci, batterista e portavoce della band, spiega: “Il sito ufficiale http://www.cadabra.org/ è diventato uno strumento quasi statico, che deve sottostare ai tempi del webmaster. Con il blog, invece, riusciamo ad avere un contatto continuo con i fans e ad aggiornarli in tempo reale di qualsiasi novità”.
Ultima notizia, ma non la meno importante, è la conferma dei Cadabra di essersi accasati definitivamente con la Revenge Records per la quale uscirà presto un nuovo album, una raccolta di materiale già edito e qualche bonus track. La compilation dovrebbe contenere tutti i dischi autoprodotti prima di Wave/Action, ossia l’album “Sound Moquette” ed i mini-album “Blood And Blades” e “Love Boulevard”. Nessuna indiscrezione su eventuali inediti, ma l’entrata in studio dei nostri, programmata per la prossima estate, fa ben sperare i loro numerosissimi fans di trovare sul disco qualche novità.


Collegamenti:






martedì 12 gennaio 2010

NEWS - gli OGM: “L’album uscirà ad aprile per Danze Moderne”

Dopo un’estenuante attesa da parte dei fans, ecco la data

Gli OGM annunciano che l’attesissimo esordio discografico è alle porte. La band, che con il suo “rock modificato” rappresenta uno dei punti di forza dell’etichetta Danze Moderne, ha terminato i mixaggi e la masterizzazione a novembre ed ora sta solo cercando una buona idea per la cover-art. Poche le indiscrezioni trapelate, sappiamo solo che il disco conterrà dodici pezzi, frutto di un lungo lavoro, che il titolo sarà “Emotivamente instabile” e che i brani “Incubatrice” e “Scania 380”, già presenti sulla compilation Danze Moderne vol. 1, sono stati esclusi dalla scaletta finale. Antonio Campanella, bassista e co-fondatore del progetto, annuncia l’uscita per aprile, precisando però “Salvo contrattempi, che finora non sono mai mancati…”.


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venerdì 1 gennaio 2010

ENPALS: l’agibilità e il mistero della pensione del musicista

Dal 2007 le cose sono migliorate, ma solo per i dilettanti

Uno dei problemi principali che incontrano i musicisti che si esibiscono dal vivo è la questione dell’agibilità ENPALS. Molti colleghi spesso mi chiedono delucidazioni sull’argomento e cercherò, in questo articolo, di chiarire alcune cose in modo molto sintetico.
L' ENPALS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo) è l'ente pensionistico dei lavoratori dello spettacolo, come lo è, ad esempio, l’INPS per altre categorie di lavoratori. Individuiamo subito gli attori che ruotano intorno a questo teatrino: l’ENPALS è l’ente pensionistico, il gestore del locale è il datore di lavoro, il musicista è il lavoratore. Il certificato di agibilità è una certificazione obbligatoria che va richiesta dal datore di lavoro (il gestore) all'ENPALS quando organizza un evento che preveda l'ingaggio di un musicista, indipendentemente dal fatto che la prestazione sia retribuita o a titolo gratuito. Il principio che sta dietro questa “autorizzazione ad agire”, che non esiste per altre categorie di lavoratori, ha una sua logica: chi gestisce un locale per concerti, ogni sera fa esibire un musicista diverso (cosa che non succede in fabbrica, ad esempio, dove l’operaio viene assunto per anni) ed è semplice evadere il versamento dei contributi dovuti in caso di mancato controllo: se il controllo non arriva, si straccia il contratto e si paga in nero. Per ovviare a ciò, l’ENPALS ha preteso di essere informata in anticipo dell’esibizione, che autorizza rilasciando il famoso certificato di agibilità, ossia il gestore è “autorizzato ad agire”, a far esibire il musicista, e conseguentemente è tenuto a versargli i contributi. Il musicista, alla sua prima esibizione e alla sua “prima agibilità”, verrà automaticamente immatricolato dall’ENPALS, che da quel momento si occuperà di riscuotere i suoi contributi pensionistici.
Come notate, in tutta questa storia il musicista non deve fare null’altro che esibirsi, basta!

Perché, allora, è venuto a crearsi tutto questo panico intorno all’agibilità ENPALS, ossessione per tutti i musicisti che si esibiscono dal vivo?
Tutto nasce dal semplice fatto che i gestori considerano la richiesta di agibilità “una scocciatura” e pretendono che sia il musicista a procurarsela, auto-regolarizzandosi. Un calvario per il povero musicista! Il tutto aggravato da un accordo ENPALS/SIAE: l’ENPALS, infatti, ha delegato la SIAE a svolgere i controlli in sua vece; quindi, se prima i controlli erano sporadici se non inesistenti, oggi le cose sono cambiate drasticamente, con i funzionari SIAE che, già all’opera per i controlli di loro competenza, con l’occasione vanno a dare un’occhiatina anche all’agibilità.
Che cosa è stato costretto a fare il musicista per regolarizzarsi? Due sono state le strade seguite: la prima è stata quella di iscriversi a cooperative o associazioni che, presa la palla al balzo, sono spuntate come funghi. In che modo viene aggirato l’ostacolo? In pratica il musicista diventa un “dipendente” della cooperativa, la quale dovrà preoccuparsi di richiedere l’agibilità all’ENPALS e fare i versamenti contributivi. Quindi il gestore non pagherà il musicista ma la cooperativa, per una semplice prestazione di lavoro autonomo, evitando l’assunzione diretta del musicista e by-passando le pratiche ENPALS. Iscriversi a una cooperativa ha ovviamente un costo, che si aggira indicativamente sui 100,00 euro l'anno a persona. Una band di cinque persone porta nelle casse di una cooperativa circa 500,00 euro l’anno.
La seconda strada, di più recente introduzione, è stata la possibilità per il musicista di auto-regolarizzarsi sul sito WEB dell’ENPALS (http://www.enpals.it/), dove può registrarsi e ottenere un codice identificativo, grazie al quale, a ogni esibizione in programma, potrà richiedere direttamente l’agibilità a proprio nome. Successivamente all’esibizione, entro un certo numero di giorni, egli dovrà comunicare all’ENPALS l’ammontare del compenso ricevuto ed entro il giorno 16 del mese successivo dovrà provvedere al versamento dei propri contributi.

Questa faccenda dell’agibilità ha penalizzato fortemente la musica dal vivo in Italia, specialmente per quanto riguarda i gruppi emergenti, con poche date all’attivo: se era “una scocciatura” per i gestori richiedere l’agibilità, figuriamoci per dei poveri ragazzi che già fanno i salti mortali per trovare una serata. Qualcosa però è cambiato con la finanziaria del 1° gennaio 2007, finalmente una norma a favore dei musicisti non professionisti: se si guadagna meno di 5000,00 euro lordi l'anno con la musica, si è considerati dei dilettanti e quindi non serve né l'iscrizione né l'agibilità. Inoltre sono esonerati i giovani (fino a 18 anni), gli studenti (fino a 25 anni), i pensionati e i musicisti che versano contributi ad altri enti (ad esempio un operaio che già versa contributi all’INPS, ma che è anche musicista e fa serate). Può accadere che qualche gestore di locale, in buona fede, chieda comunque l'agibilità perché confuso dal marasma di informazioni contraddittorie che circolano sulla questione (messe in giro ad arte per continuare ad incassare tributi non dovuti?), ma, se rientrate in una di queste categorie, non desistete e fate valere i vostri diritti, legge alla mano. Restano delle cosa da fare però, che sono:
1- Dotarsi di un’autocertificazione (in duplice copia, una per il musicista e una per il gestore, firmata da entrambi) dove si dichiara di essere minorenni o studenti o lavoratori dipendenti che versano contributi ad altro istituto (un fac-simile lo trovate qui);
2- stampare dal sito dell’ENPALS la circolare n° 02/08 (la trovate anche qui);
3- se l’esibizione non è gratuita, occorre stampare una “nota spese”, numerata progressivamente e datata, molto semplice (un fac-simile lo trovate qui), dove andranno indicati i dati personali e quelli del locale. Va compilata tipo una fattura e consegnata al gestore, che dovrà preoccuparsi di versare la ritenuta d’acconto con modello F24.
Per i musicisti professionisti restano invece le scorciatoie sopra descritte, ossia ci si iscrive ad una cooperativa o ci si auto-regolarizza tramite il sito internet dell’ENPALS. Comunque ci sono importanti novità anche per i gestori dei locali: le procedure di agibilità possono essere aperte direttamente sul sito dell’ENPALS, nella sezione servizi, rendendo molto meno “brigosa” la procedura. Fatelo, i musicisti ve ne saranno grati!

Una storia a lieto fine? Per alcuni aspetti sì, sicuramente la normativa del 2007 è stata un fatto positivo per i dilettanti, ma ci sono ancora i professionisti, quelli che con la musica ci campano, sia suonando dal vivo che prestando la loro opera da turnisti... perché non l’ho ancora detto, ma quando uno studio di registrazione chiama un turnista per suonare in una qualsiasi produzione discografica, nel pagarlo, dietro presentazione di fattura, deve versargli anche i contributi ENPALS. L'agibilità ENPALS deve essere attivata anche solo per un giorno a carico dello studio stesso. A proposito di questi professionisti, ai quali un giorno dovrebbe andare la pensione ENPALS… ecco… c’è una domanda che mi rode dentro e di cui voglio rendervi partecipi. Non ho mai conosciuto in vita mia un pensionato dell’ENPALS. Se tra i nostri lettori ce n’è qualcuno o se ne conoscete qualcuno, contattateci al più presto, fateci i loro nomi, vogliamo conoscerli. Al momento sembra più facile trovare uno Yeti. Vi spiego il perché io dubito del fatto che esistano pensionati dell’ENPALS: tale pensione viene erogata dopo un minimo di 20 anni di contributi, e per raggiungere un anno occorrono 120 giornate lavorative. Sembra un numero di giornate irrisorie se paragonate a quelle di un lavoratore INPS, ma se calcoliamo che una giornata lavorativa per l’ENPALS corrisponde ad un concerto, per raggiungere un anno di contributi ci vogliono 120 concerti all’anno, tutti con regolare versamento di contributi. Per raggiungere la quota necessaria per la pensione, ossia 20 anni, sono quindi necessari 2400 concerti! Calcolando poi che i concerti tenuti all’estero non valgono, perché l’ENPALS non li conteggia, l’impresa appare veramente ardua.
La domanda è, quindi: se nessuno prende la pensione dall’ENPALS, tutti i soldi versati in contributi dove vanno a finire?



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