martedì 26 gennaio 2010

Interviste: Santa Sangre

Il rock d’autore e il sogno americano

All’inizio c’erano i Carnival Of Fools, gruppo seminale dell’underground italiano, attivo tra la fine degli ’80 e i primi anni ’90. Poi la scissione: da un lato i La Crus, subito alla ribalta delle cronache musicali italiane, dall’altro i Santa Sangre, più vicini allo spirito della creatura originaria. “Ogni città avrà il tuo nome” (1997) è il disco d’esordio, pubblicato dal CPI e premiato da Il Mucchio Selvaggio come miglior disco d'esordio dell'anno, undici perle di autentico rock d'autore, intrise di strazianti sentimenti e di atmosfere ipnotiche imbevute di alcool e di “americanità”. La fine del CPI e la crisi della musica indipendente hanno portato ad un lungo periodo di riflessione, interrotto nel 2004 dalla pubblicazione dell’album “La pelle muta” e la decisione di abbandonare certe sonorità americane del primo disco, dividendo la critica. Nel 2008 due loro pezzi inediti appaiono sulla cd compilation “Danze Moderne vol. 1”, un flebile segnale che i Santa Sangre ci sono, hanno ancora qualcosa da dire e non rinnegano più il loro passato da cowboy. Abbiamo incontrato Luca Talamazzi, voce e chitarra della band, con cui abbiamo fatto un’interessante chiacchierata su passato, presente e futuro dei Santa Sangre.

Partiamo dalle origini: Carnival Of Fools, gruppo seminale della fine degli anni ’80, amato dai Bad Seeds di Nick Cave e che riusciva ad unire nel suo sound i Joy Division e il blues, un progetto che ha visto coinvolti i futuri Santa Sangre con Mauro Ermanno “Joe” Giovanardi, futuro La Crus, e, in varie vesti, Manuel Agnelli (Afterhours) con Paolo Mauri (uno dei tecnici del suono più influenti dei ’90, ex Weimar Gesang ed ex Afterhours). Com’era l’ambiente milanese in quel periodo fertile e quale musica ha ispirato la nascita di un gruppo così importante come i Carnival Of Fools?
Ricordo di quegli anni un clima di grande fermento musicale, un ambiente caotico e creativo formato di tante giovani band che si aggregavano e mescolavano in numerosi progetti paralleli, di piccole etichette indipendenti (una in particolare la VoxPop) molto attive e attente, sempre alla ricerca di nuovi talenti da tirare fuori dal mucchio. L'ispirazione musicale per quanto riguarda i Carnival Of Fools invece attingeva a piene mani dalla musica australiana e americana, Nick Cave, Crime And City..., Beasts Of Bourbon, Hugo Race ma anche Elvis, J. Lee Hooker, il blues del delta, ecc...

Nel 1994 Joe lascia i Carnival Of Fools per fondare i La Crus. Come hanno vissuto i superstiti quella rottura e come è nata l’idea di proseguire come Santa Sangre?
Serenamente e senza traumi. Era chiaro che Joe aveva voglia di sperimentare altre strade, in particolare era attratto dalla canzone d'autore e con i La Crus credo abbia avuto questa opportunità. Ci fu lasciata la libertà di decidere se procedere ancora come Carnival Of Fools, ma a quel punto non avrebbe avuto senso. Abbiamo fondato i Santa Sangre.

Cosa c’è dietro la vostra decisione di abbracciare il cantato in italiano?
Due cose semplici: nessuno di noi padroneggiava bene l'inglese e poi era il prezzo per cercare un contratto discografico. In quel periodo, anche giustamente secondo me, si puntava molto sulla lingua italiana per i nuovi gruppi. Molti gruppi storicamente legati all'inglese passarono all'italiano in quel periodo.

Nel 1995 c’è la vostra prima apparizione sulla compilation "Soniche Avventure" con il pezzo "Mare crudele", cui ha fatto seguito l’album “Ogni città avrà il tuo nome”, prodotto nel 1997 dal CPI-Sonica, che si è aggiudicato il titolo di disco dell’anno da parte della prestigiosa rivista Il Mucchio Selvaggio. Un capolavoro di undici brani: Jodorowsky, Morricone, i western di Sergio Leone, gli anni ’60… qual è stata la genesi di quest’ album? Che cosa volevate esprimere con quel sound e con quei testi?
In quel disco c'era un po' l'immaginario che ci portavamo dentro in quegli anni, ed era molto cinematografico. Anche i testi venivano prodotti per “immagini” e ruotavano attorno alla figura certo non originalissima ma molto americana del looser, che apprezzavamo in modo particolare. Musicalmente eravamo affascinati da questi suoni sporchi ma piccoli, dilatati e traballanti, l'intenzione era di lavorare molto sugli sfondi rendendoli cupi, sfocati, indistinti. Le melodie così venivano evidenziate nella loro semplicità, però, credo di poterlo dire, senza mai essere banali. Erano anni in cui il modello culturale premiava “l'ottimismo” e la parola più utilizzata era “vincente”. Noi sapevamo di essere dei “perdenti”, l’avevamo scritto in faccia. E poi siamo sempre stati un gruppo di pessimisti. Una volta Mox diede una grande definizione di noi. “C’è chi si siede al tavolo giusto nel momento giusto, chi al tavolo sbagliato nel momento sbagliato. Noi a quello giusto nel momento sbagliato”. Si può essere più perdenti di così?

Perché una cover strumentale di “24.000 Baci” di Adriano Celentano?
Quel riferimento è anch'esso cinematografico e rivolto a Kusturica con il suo “Ti ricordi di Dolly Bell?”. La nostra “24.000 baci” suonava come l'avrebbe suonata un gruppo di Tirana con la testa alla musica surf...

La critica, facendo un paragone con i La Crus, vi ha subito definiti come i veri eredi dello spirito dei Carnival Of Fools, quanto sei d’accordo con questa affermazione?
Abbastanza d'accordo, anche perché Maurizio ed io abbiamo firmato in pratica tutta l'ultima produzione dei Carnival Of Fools, diciamo tutto il terzo disco. Anche se Joe non lo ammetterà mai, nell'ultima produzione Carnival Of Fools c'era tanta, tantissima farina del nostro sacco. È naturale quindi che il primo disco dei Santa Sangre abbia portato con sé parte di quella esperienza.

I ’90 sono stati anni floridi per il rock alternativo italiano, il CPI in particolare ha prodotto dischi e gruppi di altissimo spessore artistico. L’inizio del nuovo millennio, invece, ha segnato la fine del CPI e la crisi della musica indipendente. Anche i Santa Sangre, sebbene autori di uno straordinario disco d’esordio, hanno rallentato il passo fino a far perdere le proprie tracce: in che misura questo rallentamento è stato causato da problemi personali e quanto, invece, è stato influenzato da questa crisi generale della musica italiana?
La crisi generale della musica italiana ha contribuito certo a rendere le cose più difficili per tutti, soprattutto per le piccole band, e le situazioni personali in questo caso contano parecchio. La realtà è che a un certo punto ti si pone la questione inevitabile del dover decidere quanto e come vuoi giocarti la carta della musica in relazione alla tua vita. Personalmente non so se avrei avuto la stoffa del musicista. Sono pigro, odio spostarmi, sono timido e salgo malvolentieri sul palco. Maurizio è più portato di me per questo modo di vivere “on the road”. Però non è solo questione di pigrizia, almeno da parte mia, c'è un problema d’inadeguatezza. Quando sentiamo le interviste rilasciate dai musicisti che abbiamo conosciuto personalmente, ci chiediamo “ma sono veramente loro o si tratta di una controfigura”? Voglio dire che, come in tutti i mestieri, c'è sempre molta posa da sostenere di fronte al “pubblico” e davanti alla stampa. Ergo bisogna esserci tagliati per fare questo lavoro.

A sette anni dal vostro debutto esce il secondo album, “La pelle muta” (2004) per la Desvelos. Dei Santa Sangre originali siete rimasti tu e Maurizio Raspante. Una vostra dichiarazione mi ha profondamente colpito: “Eravamo stanchi di riprodurre un immaginario così lontano dalla nostra condizione di vita. È duro fare i cowboy quando passi metà della tua giornata in coda sulla statale Milano-Como”, frase che forse dà il senso di come siano cambiate le cose dal primo al secondo album. Vuoi parlarmi di com’è nato questo disco e quali sono le differenze sostanziali con “Ogni città avrà il tuo nome”, sia per quanto riguarda la musica che i testi?
Ecco, diciamo che in quel disco si manifesta il “disagio”. Parlo volentieri di quel disco e lo faccio senza nascondere che per noi è stato un passo falso, anche se continuiamo a difendere quel lavoro perché sincero. Sapevamo che era esattamente contrario a quanto ci si sarebbe atteso dai Santa Sangre, ma era quello che onestamente si era prodotto a cavallo del traumatico divorzio dal CPI. Un po’ come la storiella dello scorpione e della rana. Sapevamo che saremmo affogati, ma abbiamo punto lo stesso...

Per “La pelle muta” avete rinunciato alla mega-produzione e avete registrato quasi tutto nella cantina di Maurizio. Fare di necessità virtù alla faccia chi investe cifre importanti in dischi privi cuore e di anima o mi sbaglio?
Un po’ è la mancanza di risorse che ti spinge a fare lavori casalinghi, lo ammetto, però secondo me qui ci sarebbe da fare un altro discorso alla base. Tutta la questione del mercato è da rivedere. Tanto per cominciare io non sostengo alcuna forma di copyright sulla musica. Soprattutto in un periodo storico come questo, dove la musica è ormai una elaborazione collettiva e sociale, dove è impossibile separare l'idea originale dell'artista dal rumore di fondo. Il concetto stesso di artista è secondo me labile. Insomma io sono per una fruizione libera di tutta la musica. Per produrre dischi le case discografiche spendono una fraccata di soldi in megaproduzioni e per difendere l'investimento cercano di disciplinare la distribuzione della musica invadendo pesantemente la sfera dei diritti delle persone. Accettare che il business sia sempre alla base di tutto come un dato di fatto indiscutibile secondo me è sbagliato. Io sono per l'autoproduzione generalizzata. Perché, come dici tu, nella musica una volta che c'è il cuore, c'è tutto ciò di cui hai bisogno.

Nel 2008 partecipate a sorpresa alla cd compilation “Danze Moderne vol. 1” con due brani inediti. Quando ho letto il vostro nome sulla scaletta, ho chiesto a quelli di Danze Moderne “Ma sono i Santa Sangre veri?”, avendo perso oramai ogni speranza di rivedervi in pista. La seconda sorpresa è stata trovare sul disco canzoni che andavano a recuperare il sound degli esordi unito alla produzione scarna de “La pelle muta”. Parlami della genesi di questi due pezzi e dimmi in quale direzione, secondo te, sta andando il sound dei Santa Sangre.
Quando ci hanno chiesto un paio di brani per la compilation, abbiamo volentieri ripescato due canzoni scritte in tempi diversi, come tu hai rilevato. Un po’ perché era bello essere di nuovo ricercati per aderire ad un progetto, un po’ perché avevamo conosciuto Carlo Furii durante il tour di “Ogni città avrà il tuo nome” e ne conservavamo un bellissimo ricordo. Non sappiamo dove stia andando il sound dei Santa Sangre, neppure se registreremo più qualcosa come Santa Sangre. Chi lo sa? In fondo l'unico vero vantaggio del suonare senza farne una professione è che, nel tempo che gli puoi dedicare, la musica è totalmente libera da qualsiasi pressione o calcolo. Nessuno si aspetta niente da te, e questa è la condizione di libertà assoluta ed ideale per tutti i musicisti.

Voglio fare questa riflessione con te e mi riaggancio alla vostra frase “È duro fare i cowboy quando passi metà della tua giornata in coda sulla statale Milano-Como”: l’elezione di Obama alla presidenza degli USA ha dimostrato che il sogno americano è ancora vivo, oggi tutti noi guardiamo con più fiducia al futuro del mondo intero grazie all’America. Parallelamente in Italia, dove negli anni ’90 non si temevano paragoni con i fratelli d’oltreoceano, ci siamo trovati con un patrimonio di gruppi e di idee spazzato via da una recessione culturale ben orchestrata dall’alto, unita ad una classe politica sempre uguale e sempre più lontana dalla gente. Il naufragio del “sogno italiano” vi rende più liberi di sentirvi “cowboy” e di guardare all’America come a una fonte d’ispirazione ancora viva per quanto riguarda il suono dei Santa Sangre?
Mi piace questa riflessione perché coglie un punto importante: le cose migliori nascono sempre in condizioni difficili. Siamo stati depressi in tutti questi anni (il paragone della Milano Meda era assolutamente autentico) perché ormai incapaci di produrre ironia sul nostro esistente e un po' “La pelle muta” risente anche di questa cosa. Ora, paradossalmente, la situazione torna ad essere più interessante perché in grado di evolvere, di mutare. La crisi del modello culturale oltre che sociale obbliga ognuno a rivedere i conti con la realtà delle cose, crolla il castello delle finzioni e delle illusioni e torni ad essere come nudo. E l'ironia torna a giocare un ruolo determinante nelle nostre vite. Il naufragio del sogno italiano apre a tutti nuove autentiche possibilità creative.

I Santa Sangre e la tecnologia: avete vissuto l’epopea del vinile con i Carnival Of Fools, avete prodotto due album in compact disc negli anni successivi, oggi la musica corre sul WEB in formato mp3: c’è iTunes, lo streaming e il peer to peer. Come vivete tutte queste trasformazioni? Riuscite a stare al passo con i tempi?
Quando passo a trovare i miei, do un'occhiata alla mia vecchia striminzita collezione di dischi. Non posseggo nemmeno più un giradischi da anni e la mia unica fonte musicale è oramai la rete. Queste trasformazioni tecnologiche sono per me una vera e propria benedizione e spero che i giovani musicisti trovino il coraggio di arrivare direttamente al pubblico senza passare le forche caudine delle case discografiche. Così, mentre auguro con tutto il cuore alle major di chiudere entro breve, spero che le piccole etichette sopravvivano ed aiutino le giovani band a promuovere il loro lavoro. Questo secondo me sarà il vero ruolo delle indy nei prossimi anni. Promozione, know how, relazioni, contatti per le nuove band. Passione e competenze. Il resto si farà con il supporto della rete.

Cosa c’è nel futuro dei Santa Sangre? Quanto è concreta la possibilità di vedervi nuovamente in pista con un nuovo disco e nuovi concerti?
Stiamo lavorando attorno ad un gruzzolo di nuovi brani. Ovviamente con i nostri tempi e senza pressioni di sorta, per cui non posso indicare date su uscite discografiche o live, però, come ti accennavo prima, questa è una meravigliosa sensazione di libertà che dovrebbe sempre valere per tutti i musicisti, dovrebbe essere il punto di partenza per chiunque ami veramente la musica.


Santa Sangre
Luca Talamazzi: voce/chitarra
Maurizio Raspante: basso/elettronica

Discografia
Danze Moderne vol. 1 (cd compilation, 2008, Danze Moderne)
La pelle muta (cd, 2004, Desvelos)
Ogni città avrà il tuo nome (cd, 1997, CPI)
Soniche Avventure (cd compilation, 1995, Fridge Records)

Collegamenti:
http://saint_soulpice.tripod.com/band.html

Collegamenti interni:
http://fonoarteblog.blogspot.com/2009/09/dischi-aavv-danze-moderne-vol-1.html


Ascolta gratuitamente il brano "Il corpo solo" sulla pagina MySpace di Danze Moderne

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