mercoledì 2 febbraio 2011

Interviste: Starfuckers

Ordine/Disordine
La neonata (ma agguerrita) etichetta romana Sometimes Records ha messo a segno il cosiddetto “colpaccio” riuscendo a racchiudere in un disco i lavori prodotti negli anni ’90 dagli Starfuckers, primo, vero gruppo di avanguardia rock italiano. L’antologia porta il titolo di “Ordine ‘91-‘96”, musica avventurosa che parte da una poesia urbana cruda e feroce, un sound “stoogesiano” sonico e metallico, per finire all’elettronica e alla sperimentazione più estrema. Nella raccolta sono finiti il mini Lp “Brodo di Cagne Strategico” (1991), l'album “Sinistri” (1994) e tre tracce extra: “Dear Prudence”, uscita per il magazine americano Banafish nel 1991, “Mechanical Man”, scritta per la compilation “Comin’ Down Fast” e l’inedito mantrico e sperimentale “Quattro studi su un’intervista Part I”. Band ideologica in continua evoluzione (anche nel nome, visto che per un periodo si sono fatti chiamare “Sinistri”) è riuscita a dare una visione alternativa della realtà destrutturandola-ristrutturandola con suoni e costruzioni desuete insieme ad un linguaggio scioccante, diretto a segnare indelebilmente le coscienze degli ascoltatori. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Manuele Giannini e Alessandro Bocci per ripercorrere le tappe di questo prezioso pezzo di storia della musica sotterranea italiana.


Parlatemi della genesi degli Starfuckers e della musica che ne ha influenzato la nascita.
Alessandro: Non posso risponderti, io non c’ero.
Manuele: The Stooges, tutto nasce da The Stooges.

Com’era la scena rock degli anni ’90, quando a Bologna nasceva il noise-rock di Massimo Volume e Splatterpink e il fermento ha portato alla formazione di un nutrito sottobosco di etichette come la Wallace?
Alessandro
: La scena Bolognese si sviluppò principalmente all’interno delle case occupate in via del Pratello, noi e gli altri gruppi gravitavamo in quella strada o coabitavano. Posso aggiungere che noi eravamo, musicalmente parlando, troppo “diversi”, anche se il primo disco dei Massimo Volume è stato prodotto da Manuel. Diciamo che le affinità musicali non coincidevano, ma c’era un rapporto di amicizia che ci coinvolgeva... Credo che i gruppi della Wallace abbiano poi intrapreso una sorta di rilettura di ciò che avvenne in quel periodo.
Manuele: Non lo so, noi non abbiamo mai fatto parte di alcuna scena, un po’ per colpa della nostra irriducibilità e un po’ perché siamo sempre stati considerati troppo “strani”. Siamo comunque venuti fuori un po’ prima dei gruppi che hai citato, io ho prodotto il primo disco dei Massimo Volume e parzialmente prodotto il secondo, in ogni caso non credo che ci fosse sufficiente mercato per poter definire quella bolognese come una vera e propria scena, la Underground Records fu assai coraggiosa a pubblicare quei dischi, la Wallace ha saputo cogliere e dar voce a quel fermento, Mirko Spino ha fatto un gran lavoro.

La vostra musica ha subito un percorso molto particolare nel corso degli anni, dal noise-punk torbido e metallico di “Brodo di Cagne Strategico” fino alle cose più avanguardistiche e sperimentali, ne vogliamo ripercorrere le tappe?
Alessandro: È stato un percorso naturale di ascolti e studi su materiale jazz contemporaneo e techno. L’estremo è sempre stato un viatico per raggiungere lo scopo.
Manuele: Per ripercorrere più di 20 anni di storia ci vorrebbe troppo tempo e io ho cattiva memoria. Cerco di riassumerla in poche parole: non abbiamo mai potuto fare musica consolatoria, non abbiamo mai potuto fare intrattenimento, abbiamo sempre dovuto cambiare e guardare avanti o molto indietro, o molto dentro.

Come ha fatto ingresso e come si è evoluta l’elettronica nella musica degli Starfuckers?
Alessandro
: Beh, in quel periodo facevo il dj e mettevo su dischi techno e hardcore, ci conoscevamo e frequentavamo i soliti club e concerti, da lì è nata una collaborazione che poi è diventata parte integrante del progetto Starfuckers.
Manuele: L’elettronica è entrata quasi da subito, già da “Brodo di Cagne Strategico” ho utilizzato il giradischi in questo senso, l’esigenza di utilizzare l’elettronica ci ha portato quindi a coinvolgere Alessandro.

Questi cambiamenti nel suono degli Starfuckers, come hanno influenzato il modo di comporre e il vostro rapporto con i rispettivi strumenti?
Alessandro
: Non mi sono mai posto troppo problemi. Io ho sempre cercato il mio suono che poi è diventato il suono Starfuckers come la chitarra, la voce, la batteria. Noi abbiamo il nostro suono da sempre, da cosa è generato non importa.
Manuele: Tutto è ovviamente interdipendente, la ricerca di un certo suono comporta un differente approccio allo strumento e viceversa. Se vuoi una breve storia, io ho iniziato a suonare la chitarra imparando i brani degli Stooges (Metallic Diseases), poi ho studiato diverse accordature per riprodurre un suono più a la Sonic Youth (Brodo di Cagne Strategico), poi mi sono interessato alla musica dodecafonica e ho cercato di ricavare accordi di quel tipo (Sinistri), poi ho scordato la chitarra e l’ho trattata come se fosse una qualsiasi fonte sonora (Infrantumi), poi l’ho ri-accordata influenzato dallo stile percussivo dei chitarristi di James Brown (Infinitive Sessions, Free Pulse, Timing the 183k Pulse).

Perché ad un certo punto gli Starfuckers sono diventati Sinistri?
Alessandro
: Per la meterologia.
Manuele: Perché era una fatica combattere con la miriade di gruppi che usavano quel nome, sia per la musica sia per altre cose e poi perché ci piaceva l’idea di rinominarci da soli, come se Starfuckers fosse il nome di battesimo e Sinistri quello che avresti voluto avere. Ma tutto sommato non c’è un vero e proprio motivo, se non il motivo per cui questa è una cosa che normalmente non si fa. Comunque per il momento, dopo la scomparsa di Dino Bramanti che era entrato stabilmente nei Sinistri, siamo tornati ad essere Starfuckers.

Come è avvenuto l’incontro con la Sometimes Records di Antonio Olivieri e come è nata l’idea di mettere su cd tutta l’esperienza Starfuckers?
Alessandro
: Mi ha contattato Antonio e da lì abbiamo deciso di collaborare. Tutto il progetto si è sviluppato nel migliore dei modi perchè c’era una grande sintonia sulle scelte e su tutte le decisioni. Un grazie di cuore ad Antonio.
Manuele: Grazie Antonio.

Mi sembra che il lavoro di remastering di Giuseppe Ielasi abbia dato quel qualcosa in più ad un progetto monumentale già di per suo, concordate?
Alessandro
: Sì certo, all’epoca fare un mastering era roba impensabile. Giuseppe ha fatto un ottimo lavoro, ci conosciamo da anni e volevamo andare sul sicuro. Credo che la scelta di Ielasi ci abbia pagato.
Manuele: Stimiamo Giuseppe, lo conosciamo da molti anni.

Quali sono le vostre impressioni sulla reunion dal vivo di qualche mese fa e della risposta del pubblico?
Alessandro: Come andare in bicicletta, una volta che hai imparato non lo dimentichi più. Il Pubblico a Bologna è stato fantastico.
Manuele: Non risento mai i vecchi dischi, per poter risuonare le vecchie cose dal vivo ho dovuto riascoltarli, riascoltandoli ho avuto l’impressione che li abbia suonati qualcuno che conosco molto bene, ma che non sono io. In ogni caso i pezzi reggono l’usura del tempo e credo che già quello che suonavamo nei primi anni novanta sia ancora attuale.

Tempo fa lessi un’intervista e mi colpì molto una delle vostre dichiarazioni che diceva più o meno “Non sappiamo se facciamo arte, ma in ogni caso la musica non esprime niente e non significa niente. L’assenza di significato non pregiudica però le sue possibilità di intonazione emotiva”, quasi a dire che, al di là del messaggio oggettivo che una canzone ambisce di dare, il punto centrale è l’emozione che quella musica riesce a creare in un singolo individuo, abbattendo qualsiasi concetto di oggettività. Ciò significa che in qualsiasi composizione musicale c’è una soggettività di chi compone e una soggettività di chi la ascolta in base all'emozione che il rispettivo inconscio riesce a costruirvi sopra?
Alessandro: Beh, dovresti chiederlo a Manuele, sicuramente è una sua frase...
Manuele: Una gran bella frase, quando l’ho detta? Quello che dici per me è corretto, in ogni modo con gli Starfuckers/Sinistri non abbiamo mai voluto raccontare nulla e nemmeno abbiamo mai voluto descrivere delle emozioni, piuttosto abbiamo sempre cercato di collaborare a costruire un’esperienza emotiva, Joe Frazier (ex campione dei pesi massimi) diceva: “Kill the body and the head will die”.

Progetti per il futuro?
Alessandro: Perché? Esiste un futuro? A parte tutto stiamo facendo alcuni concerti in Italia e a Febbraio torneremo in Francia. La volontà e la voglia di costruire nuove songs e, perchè no, fare uscire qualcosa di nuovo... vediamo cosa succede.
Manuele: In occasione dell’uscita di “Ordine ‘91-‘96” stiamo facendo qualche concerto dove suoniamo, cosa che non abbiamo mai fatto, anche pezzi vecchi. Poi ci sono i nostri progetti solisti, nel mio caso il progetto orientato verso la musica elettronica giamaicana che si chiama “Weight and Treble”, con cui abbiamo cominciato a pubblicare quest’anno. Come Starfuckers/Sinistri invece, per ora nessun progetto… aspettiamo.

Starfuckers
Manuele Giannini: chitarre, voce, electronics
Alessandro Bocci: sampler, electronics
Roberto Bertacchini: batteria

Discografia
Ordine ’91-’96 (2010)
Infinitive Sessions (2002)
Infrantumi (1997)
Sinistri (1994)
Brodo di cagne strategico (1991)
Metallic Diseases (1990)

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