giovedì 4 aprile 2013

Libri: "Sotto il cielo di Hale-Bopp" di Riccardo Angiolani

intervista di Barbara Baraldi

Ci sono libri che, dopo averli letti, lasciano una scia dietro di sé, come una cometa fatta di emozioni luminose e contrastanti. Uno di questi è “Sotto il cielo di Hale-Bopp”, il nuovo romanzo di Riccardo Angiolani appena uscito per i tipi di Foschi editore, in una collana curata da Eraldo Baldini. La storia è ambientata negli anni Novanta, durante il transito della cometa di Hale-Bopp, presenza inquietante e vagamente minacciosa che sovrasta le pagine del romanzo e le traversie dei protagonisti, tra i quali spicca Joe Delirio, definito «l’ultimo dj di quella gotica stirpe che negli anni Ottanta regnava su tutti i locali underground», determinato a recuperare un’antica reliquia dalla casa della nonna. Non un furto, sia chiaro, ma un recupero. Dopo aver messo insieme una banda di spiantati e un piano apparentemente inattaccabile, però, Joe scoprirà fino a che punto le cose possano andare male. Viscerale, «sporco», avvincente, a tratti grottesco, “Sotto il cielo di Hale-Bopp” racconta anche una serie di eventi collaterali alla trama principale, sulla quale si incastrano alla perfezione, conducendo la narrazione su piani temporali sfasati. La scrittura di Angiolani è pulita, scorrevole, punteggiata di inaspettati e gradevoli picchi di lirismo. E sembra di sentirlo, lo sferragliare dei tir della Statale 16 Adriatica, l’odore salmastro nel labirinto spigoloso del molo di Ancona, i sobbalzi per i sampietrini durante fughe rocambolesche per le stradine della città a bordo di una Fiat Uno scassata, le botte tra punk e skinhead al ritmo del riff corrosivo suonato da un basso elettrico.

Il tuo romanzo è ambientato negli anni Novanta. Quali sono le sensazioni che ti scatena il ripensare a quel periodo?
Io mi ritengo un figlio degli anni Ottanta. Per la musica che ascolto, per il look (parola già di per sé così tanto Eighties), per certe idee sulla società e/o politiche che ho. Insomma, quelli sono stati gli anni della mia formazione. I Novanta, invece, sono stati per me il periodo in cui molto di ciò che avevo appreso o sperimentato nel decennio precedente l’ho messo in pratica in modo più sistematico e ragionato, mantenendo pur sempre l’entusiasmo e l’adrenalina punk. Ecco allora il mio impegno come dj in locali importanti delle Marche, dove allora vivevo, e anche le mie prime esperienze letterarie concretizzatesi nelle pubblicazioni con Transeuropa, in quegli anni fucina di talenti giovanili. Oggi a ripensare a quel periodo mi dà un senso di piacere, perché ho dei bei ricordi, soprattutto per quanto riguarda la seconda metà dei Novanta, quando, dopo essere stato a Roma per molto tempo, sono ritornato nella mia Ancona, dove tutto è cominciato.

Nel tuo romanzo, il passaggio della cometa di Hale-Bopp illumina le vite borderline dei protagonisti. Ti identifichi in loro? O la tua posizione è come quella della cometa, che osserva il loro dibattersi, i tentativi di affermazione della loro identità, alla ricerca di una redenzione che appare inafferrabile?
Mi piacerebbe fare la parte della cometa e guardare tutti dall’alto al basso. Ma devo ammettere che in ognuno dei personaggi c’è un pezzetto di me e delle persone che conosco. Quindi sì, mi identifico in loro; o forse sarebbe più corretto dire che un po’ di loro si identifica in me. Come dicevo prima, gli anni Novanta sono per me un bel ricordo, ma questo non si significa che siano stati anni felici. Ho avuto molte soddisfazioni, ma ho trascorso anche periodi molto cupi, per delusioni che hanno lasciato cicatrici che ancora oggi, di tanto in tanto, riprendono a sanguinare. E tutto questo è finito dentro, macinato e tritato, in “Hale-Bopp”. E poi la mia vita, lo dico senza esagerazioni, è stata sempre sull’orlo del borderline, se mi è concesso dire questa frase una po’ paradossale. Per tornare ai personaggi del romanzo, più che cercare una redenzione, credo che i nostri piccoli eroi non sappiamo proprio cosa cercare. Sono esseri viventi smarriti davanti al grande spettacolo della vita, che talvolta può essere davvero terribile come un film di Cronenberg o un racconto di King.

E cosa mi dici dei tuoi punti di riferimento nella letteratura? E ti confesso che mi piacerebbe una tua riflessione sul mondo letterario italiano e i suoi salotti.
Iniziamo dai punti di riferimento. So che può sembrare strano per un lettore che avrà fra le mani la storia di “Hale-Bopp”, ma i miei scrittori di riferimento arrivano da tutt’altro mondo. Amo Raymond Carver per il suo humor nero, lo sguardo lucido, freddo, il senso di minaccia che scopre nel quotidiano, ma anche per il suo forte amore per l’uomo e la compassione per le sue debolezze; leggo sempre con piacere Cesare Pavese, per il suo dolore palpitante; e poi Italo Calvino, che mi affascina per la sua scrittura pulita, per la sua lucidità mentale, per il suo guardare alla letteratura come a un gioco (si legga il bellissimo saggio “Cibernetica e fantasmi”), e per la sua idea di romanzo come progetto, costruzione. E il suo insegnamento mi è stato molto utile nel comporre il puzzle di “Hale-Bopp”: ricordo che avevo le pareti della mia stanza tappezzate da pezzi di romanzo, e poi c’era la cartina della città di Ancona, l’albero genealogico dei protagonisti, la pianta dell’appartamento… Invece non guardo film horror: ho paura! Quanto ai salotti letterari, non saprei che dire. Non li frequento. Ho alcuni amici scrittori a cui voglio molto bene, punto.

Sei il frontman della band Stardom, lavori nella redazione di una rivista di primo piano come Vogue. Vivi di musica e di parole scritte. C’è una interazione tra i diversi mondi?
Beh, la fonte è la stessa: sono io, per cui è inevitabile che una qualche interazione ci sia. Però molto meno di quanto si possa credere. Per esempio, i testi degli Stardom non li scrivo solo io. Anzi, molto spesso sono opera degli altri componenti della band. Oppure di un lavoro a più mani. Certo non è un caso che si suoni musica new wave con forti tonalità dark e che anche la mia scrittura abbia toni cupi, ma è sempre ben presente anche l’aspetto comico e grottesco della vita.

Puoi anticipare qualcosa dei tuoi progetti futuri?
Adesso mi concentro sul romanzo appena pubblicato e cerco di promuoverlo. Posso anticipare, però, che sto lavorando su una raccolta di racconti. Invece, per quanto riguarda la musica, dopo “Soviet della moda”, gli Stardom hanno da poco pubblicato il secondo album dal titolo “Danze Illiberali” per l'etichetta indipendente Danze Moderne.


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